Deneuve, Millet e le altre: «Difendiamo la libertà di importunare le donne»

Un appello firmato da 100 donne del mondo dell’arte e della cultura per il diritto alle avance. Elisabeth Lévy, direttrice di Causeur: ”Basta con la caccia al maschio. Per ottenere giustizia stiamo stravolgendo le regole più elementari della giustizia

Le francesi sono stufe. Non ne possono più dell’ondata di delazioni che ha travolto i media, dopo il caso Weinstein. Tutto è iniziato con l’hashhtag #balancetonporc, lanciato un paio di mesi fa su tweet da una giornalista puritana francese ma residente negli Stati Uniti. Il suo tweet giro di pochi minuti è stato rituittato decine di migliaia di volte, sino a produrre 715 mila messaggi nello stesso stile. Sandra Muller forse preoccupata per l’incredibile successo della sua campagna di delazione universale, ha avuto l’innocenza di spiegare com’è nato il suo tweet. “Ero al festival di Cannes, quando un direttore di fotografia mi ha detto, “Hai dei bei seni. Sei il mio tipo di donna. Ti farò godere per tutta la notte”. Di fronte a un’affermazione ritenuta così “stupefacente, patetica e presuntuosa”, la giornalista ha deciso di fornire il nome del suo “aggressore verbale”, per dare l’esempio e per porre fine a comportamenti simili. Peccato che “l’aggressione” sia avvenuta molto tempo fa e che la “presunta vittima” abbia ritenuto di far passare ben quattro anni prima di denunciare il poveretto suo ammiratore, il quale si è visto immediatamente licenziare e ha perso il suo lavoro, oltreché il suo onore.

Ma quando è troppo è troppo. Tra un tentativo di rimorchiare usando un’espressione infelice o salace di maschia volgarità e la violenza sessuale di uno stupro ce ne corre. Certo è sempre un’aggressione, ma la violenza nel primo caso non c’è, e anzi il poveretto, presunto aggressore, aveva tutt’altre intenzioni, poiché sognava solo di fare godere la donna dalle belle tette. Così adesso a scendere in campo in difesa della libertà di importunare, pilastro della libertà sessuale, sono centro donne, che hanno sottoscritto un appello pubblicato su Le Monde “In nome di un presunto bene generale, il puritanismo usa l’argomento della protezione delle donne e della loro emancipazione, per incatenarlo a uno status di eterne vittime, di poverette in balia di demoni fallocrati, come all’epoca della caccia alle streghe”. Fra le firmatarie dell’appello ci sono grandi attrici senza complessi, come Catherine Deneuve, libertine fiere di esserlo come la critica d’arte Catherine Millet, che fece scalpore rivelando la lista completa dei suoi amanti, e persino una libera battitrice delle idee anticonformiste come Elisabeth Lévy, la direttrice di Causeur, una delle riviste più intelligenti e politicamente scorrette oggi in circolazione. “Siamo al delirio. Le donne molestate? Vogliamo scherzare? Durante una serata allegra in cui si è alzato un poco il gomito, un tizio vede una donna, le fa un complimento salace, dicendole T’as des gros nibards, je vais te faire jouir. E l’altra che fa? Invece di rispondergli Invece tu celo devi avere proprio piccolo”, dopo quattro anni vuole farci credere che è rimasta traumatizzata finché non ha trovato il coraggio di parlare”, osserva divertita Elisabeth Lévy. Ma la cosa più scandalosa, secondo la direttrice di Causeur, è la reazione del povero tizio, che su Le Monde ha avuto diritto di replica. “Anziché denunciare la stronza e ammettere pubblicamente che per colpa sua è rimasto senza lavoro, si profonde in una serie di scuse”.

C’è qualcosa che non va, dunque, se si è perso il senso delle proporzioni, se in nome della delazione universale si fa di tutt’erba un fascio. Qualcosa si è rotto nel gioco della seduzione. Finita la galanteria, che dall’epoca dell’Illuminismo fonda in Francia il potere delle donne, finito il piacere del corteggiamento a fondo perduto, del libero apprezzamento reciproco e del rigoglio dei sensi che avvicina i sessi, sino a farli intrecciare a piacere nella ricerca della reciproca soddisfazione. Dopo un secolo di femminismo, la storia di rapporti tra gli uomini e le donne è finita in una fase nuova, una fase nera, lugubre, puritana, segnata dal ricatto e dalla stigma sociale, dove il libertino viene assimilato ex officio al porco, e l’unica risorsa in mano all’ultimo seduttore superstite è la richiesta in carta bollata per ottenere il permesso di una paroletta salace, di una palpatina, di un’effusione fuori programma.

“Ma il fatto grave è la caccia all’uomo” insiste Elisabeth Lévy. “Per ottenere giustizia stiamo stravolgendo le regole più elementari della giustizia. L’habeas corpus, inventato dai liberali inglesi secoli fa, vuol dire che se uno viene accusato lo si porta davanti a giudice perché possa rispondere alle accuse e dunque difendersi. Noi invece con #balancetonporc oggi denunciamo il porco con una valanga di tweet, e domani il porco perde il lavoro e passa direttamente alla gogna, senza potersi difendere. E chi si rifiuta di piegarsi a questo modo di reagire, viene accusata di tradimento, di complicità con il presunto porco. In un paese come il nostro dove si parla in continuazione di libertà e di eguaglianza è una REGRESSIONE. E adesso spunta fuori anche la pretesa di censurare le opere d’arte del passato, perché razziste, lascive, antifemministe”. Da qui l’urgenza di reagire, di fare qualcosa, di prendere coscienza del fenomeno in cui stiamo scivolando, magari solo un appello su Le Monde, firmato da cento donne, cento personalità del mondo dell’arte e della cultura, “tutte però ultracinquantenni” osserva Elisabeth Lévy “Perché le ventenni ormai sono perse: sono tutte puritane” .

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