Esce oggi, 18 gennaio, nelle sale cinematografiche italiane, Ella & John – The Leisure Seeker, la più recente fatica registica di Paolo Virzì, con Hellen Mirren e Donald Sutherland.
Quando ho visto il film, lo scorso settembre, durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia, ero reduce dalla proiezione di una pellicola francese di quelle che ti inducono al suicidio con una dose letale di tedio, e non avevo idea di ciò a cui sarei andata incontro. Un paio d’ore dopo, uscivo dalla sala completamente debilitata. Avevo passato gli ultimi 100 minuti della mia vita a ridere, a piangere, a piangere e ridere, a sentirmi lo stomaco aperto in due, e le mani di Virzì dentro, che rovistavano in quell’arcipelago di angosce che ci portiamo appresso, in quel coacervo di tabù e di tenerezze che solo alcuni di noi riescono a esplorare, assai di rado, quasi sempre coadiuvati da un ottimo psicoterapeuta. Ed è questa la ragione per cui, quale che sia la vostra opinione su Paolo Virzì (ho scoperto che l’umanità è divisa tra quelli che lo amano per via de La Pazza Gioia e quelli che non gli hanno mai perdonato certe apologie del provincialismo tipo Ovosodo), questo film dovreste vederlo.
Ella & John è la storia di due coniugi ottantenni, debitamente acciaccati dall’età (per usare un eufemismo) che, tacendo l’ambizioso programma ai figli quarantenni e apprensivi, decidono di partire a bordo del loro sgangherato camper per un road-trip in direzione Key West (dove visiteranno la casa di Hemingway che John, ex docente di letteratura in pensione, equamente diviso tra momenti di lucidità e momenti di demenza, avrebbe sempre voluto vedere).
Il viaggio diventa naturalmente occasione per mostrare paesaggi meravigliosi e meravigliosi scenari di umanità, fragilità, forza e ironia. Tifare per Ella & John è inevitabile, non fosse altro per il loro poetico atto di ribellione a un futuro di degenza e rincoglionimento. Non fosse altro perché Ella & John potremmo essere noi, un giorno, o potrebbero essere i nostri genitori (io l’ho pensato entro i primi 10 minuti, in una scena in cui preparano tutte le medicine che devono assumere dopo i pasti; “Cazzo, come i miei” ho pensato, e da lì non mi sono ripresa più, continuando a frignare per tutto il film, come detto, ma con grande compostezza, lo giuro).
Dovreste vederlo, questo film, perché ha il coraggio di parlare della vecchiaia, della malattia, della perdita dell’autosufficienza, e riesce a farlo senza indulgere nella retorica più patetica, senza rinunciare mai a una lettura acuta e consapevole dell’animo umano. Ella & John fotografa la ferocia monumentale della vita, la sua ironia più amara, l’erosione ineluttabile della personalità di ciascuno sotto il peso livellante degli anni. Riesce però, al tempo stesso, a essere un inno alla libertà, all’auto-determinazione, alla gioia di esistere finché esistere ha senso, e di amarsi come ci si ama dopo una vita insieme, diventando l’uno la metà dell’altro, il braccio destro, la stampella a cui appoggiarsi anche nei passi più claudicanti; quel pezzo di puzzle col quale provare a incastrare i bordi più frastagliati; quell’anima prescelta, piena di imperfezioni e miserie, che ci è accanto fino all’ultimo.
È questa la sensazione finale che lascia il film, una rivelazione intima e sincera, complessa e liberatoria: nella stessa storia si possono raccontare la vita e la malattia, e nella stessa vita si può esistere e poi morire. E, mentre questo succede, si può ridere e si può amare. Fino alla fine.
E se a questo punto iniziate a non capire cosa ci sia da ridere in tutto questo, lasciate che vi rassicuri: Ella & John è un film spassoso, non vi farà banalmente sorridere un po’ mentre vi commuove, vi strapperà proprio risate e applausi, avrete voglia di abbracciarli, quei due mostri sacri del cinema intenti a interpretare un inventario assortito di assurdità genitoriali tipiche della senilità, raccontate sempre con la delicatezza e la bontà che si possono riservare a due signori attempati e rispettabili.
Dovreste vederlo, questo film, perché parla della dignità dei malati, della possibilità di scegliere, prima che sia troppo tardi. Solleva un tema urgente, indigesto per molti, troppo a lungo rinviato e lo solleva con la grazia della normalità, in un momento in cui si dibatte di eutanasia, all’indomani dell’approvazione della legge sul biotestamento. Ed è probabilmente questo a fare di Ella & John un film pieno di tatto e verità, capace di aprire varchi nell’anima attraverso cui far scorrere consapevolezze nuove. Un film nel quale si parla di vita e di morte, con la medesima naturalezza, trattandole per ciò che sono: due facce della stessa, spietata, medaglia.
Man mano che la trama si dipana, il film suggerisce riflessioni che quasi mai facciamo, perché d’altra parte chi minchia c’ha voglia di pensare alla malattia? Chi di noi vuole pensare alla morte? Chi di noi vuole ammettere che le probabilità di pisciarsi sotto, a un certo punto dell’esistenza, aumentano esponenzialmente? Chi riesce a raccontarci quanto sorda e quanto profonda sia la paura dell’invecchiamento? Chi sa spiegare il cruccio di una madre e di un padre che si accingono a diventare ostaggio delle cure dei medici e delle premure ossessive dei figli? Chi elabora davvero la cognizione che un giorno, coloro che ci hanno messi al mondo e che si sono — nei casi migliori — presi cura di noi, da noi inizieranno a dipendere? Chi riesce davvero a comprendere la rabbia, lo smarrimento, la perdita inesorabile delle fondamenta di sé? Chi potrebbe dirsi pronto al più rivoluzionario e irreversibile dei cambiamenti, a quel varco definitivo che — una volta attraversato — non consente ripensamenti né inversioni a U? Chi riesce a parlare di malattia senza inciampare nel dramma? Chi riesce a comprendere così a fondo la vita, al punto da accettarne la sua più efferata conseguenza?
Il film suggerisce riflessioni che quasi mai facciamo. D’altra parte chi ha voglia di pensare alla malattia? Chi di noi vuole pensare alla morte? Chi di noi vuole ammettere che le probabilità di pisciarsi sotto, a un certo punto dell’esistenza, aumentano esponenzialmente? Chi riesce a raccontarci quanto sorda e quanto profonda sia la paura dell’invecchiamento?
Ed è questa la sensazione finale che lascia il film, una rivelazione intima e sincera, complessa e liberatoria: nella stessa storia si possono raccontare la vita e la malattia, e nella stessa vita si può esistere e poi morire. E, mentre questo succede, si può ridere e si può amare. Fino alla fine.
Dovreste vederlo, questo film, perché certe storie hanno la forza dell’universalità, la potenza dell’attualità e la grazia dell’onestà. È questo il caso di Ella & John.
Unico avvertimento, qualora non fosse già abbastanza chiaro: portate fazzoletti in quantità.