«Hai fatto schifo? Ti votiamo». Benvenuti nella politica degli elettori irrazionali

I disastri di Berlusconi e dei Cinque Stelle? Emendati dalle urne. A trionfare sono le promesse infantili, in cui tutto è impossibile e nulla è interdetto. Tutto pur di sopravanzare la popolarità altrui. Come in un reality. O in una scuola elementare

Il ciclo vitale dei partiti italiani sembra del tutto indipendente dai risultati che ottengono. Silvio Berlusconi ieri ha presentato il simbolo di Forza Italia, dove campeggia il suo cognome accompagnato dalla parola “Presidente”: ovviamente non potrà presiedere alcunché, e quando ha presieduto governi l’Italia è scivolata verso un baratro di tipo greco, ma questo non interessa al suo elettorato che lo gratifica nei sondaggi con un rotondo 35% alla coalizione con Lega Nord e Fratelli d’Italia e persino di una possibile ri-vittoria. Con la stessa granitica determinazione avanza l’elettorato Cinque Stelle: le prove di governo del movimento non sono state esaltanti, e specialmente a Roma la disillusione è piuttosto solida, però resiste il consenso “a prescindere”: 25/27%, per la precisione, con una concreta sfida per la primazia di lista e ottimi risultati prevedibili anche nella Capitale. Il Pd è in difficoltà, ma solo per la scarsa astuzia con cui ha sistemato la legge elettorale. Nelle sue tradizionali roccheforti nelle regioni centrali mantiene un primato indiscutibile, e anche qui la cosa è singolare poste le performance in materia di banche e terremoto che – in teoria – dovrebbero porre qualche dubbio ai suoi elettori proprio nelle zone laddove è radicatissimo.

In qualche modo, sembriamo tornati agli equilibri immobili della Prima Repubblica, nei quali il voto spostava poco o niente e la differenza nelle formule di governo era costruita dai rapporti di forza interni ai partiti e dalle esigenze generali dell’establishment. Con la differenza che adesso sono immobili anche i partiti: due su tre delle principali forze (Forza Italia e Cinque Stelle) non risultano in alcun modo contendibili, l’investitura dei loro leader sembra avere fonte divina più che politica. E anche il terzo, il Pd, deve avere qualche problema se è vero che leader storici hanno addirittura scelto la via della scissione per decapitare un capo che sembrava troppo “assoluto” per essere altrimenti sostituito.

Se non sapessimo che, in realtà, ai seggi vanno soprattutto gli ultra-quarantenni, ci sarebbe davvero da pensare che l’Italia abbia esteso il diritto di voto agli studenti delle medie

“Morto uno Stalin se ne fa un altro”, è il titolo di un divertente film nelle sale in questi giorni sulle surreali manovre della nomenklatura sovietica dopo la fine del padre della rivoluzione. Da noi gli Stalin non muoiono mai, a quanto pare. Gli elettorati non li scaricano, comunque vada, nei secoli fedeli alle loro promesse anche quando abbondantemente smentite dai fatti. La surreale astrazione dei programmi che sono presentati in questi giorni, fondata sull’abolizione di ogni tipo di tassa immaginabile, è in fondo figlia di questa stasi assoluta: non sembra necessario studiare proposte che abbiano un qualche rapporto col reale, basterà eccitare le tifoserie agitando bandiere care al loro cuore, e tanto più queste bandiere saranno metaforiche, ideologiche, irrazionali – l’abolizione della Legge Fornero è in questo senso al top – tanto meglio la curva si mobiliterà per il risultato.

Uno straniero, di fronte a queste assurdità, potrebbe pensare che la falcidie dell’astensionismo abbia allontanato dai seggi gli elettori adulti, e siano rimasti affezionati alle elezioni solo i ragazzini, con l’ingenuità assoluta dell’età che ti fa pensare che sia possibile – ad esempio – cancellare al tempo stesso le norme sulle pensioni, il bollo auto e dare mille euro a tutti i disagiati, oppure dall’altra parte tagliare i fondi del canone alla più grande industria culturale del Paese e tenerla in piedi con i soldi (quali?) dello Stato, o ancora fornire un reddito garantito a tutti, insieme – magari – alle università gratis, o anche liberare in cinque anni l’Italia dagli stranieri poveri (quelli ricchi non fanno notizia) sostituendoli con italiani Doc che nasceranno a milioni grazie a mirabolanti sussidi alle famiglie. L’osservazione banale che farebbe qualsiasi adulto – “perché non avete provveduto quando governavate? Perché non lo fate dove state governando?” – è esclusa dall’orizzonte. E se non sapessimo che, in realtà, ai seggi vanno soprattutto gli ultra-quarantenni, ci sarebbe davvero da pensare che l’Italia abbia esteso il diritto di voto agli studenti delle medie.

Nel mondo infantile che la politica racconta in questo inizio di campagna elettorale, tutto è possibile, nulla è interdetto, e viene da sorridere pensando a quanto ci si è accapigliati sulle fake-news e sulle loro conseguenze sul voto: il problema nostro è che una parte consistente delle classi dirigenti sembra del tutto tetragona alle real-news – che sono poi le condizioni dei nostri bilanci, l’asimmetrica distribuzione della ripresa, l’illegalità e l’evasione diffuse, l’asfissia del centro-sud. La questione, più che distogliere gli italiani da narrazioni falsificate, sembra convincere i partiti che la realtà esiste e che riferirsi alla realtà anziché alle astrazioni, forse, sarebbe l’unico modo di dare uno scrollone ai risultati preconfezionati riportando ai seggi chi ha smesso di votare.

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