Non sanno parlare, poveri, ma possono capire molte cose. Gli esseri umani riescono perché hanno protocolli mentali con i quali comprendono strisce di suoni dotate di significato. I cani no, ma qualcosa riescono a combinare. Il famoso border collie Chaser, per esempio, aveva memorizzato ben 1000 nomi di giocattoli: quando il padrone ne nominava uno, andava a prenderlo e non sbagliava mai. Non solo: sono in grado di analizzare il tono e il significato, e reagiscono quando le due cose vanno d’accordo. Dire “la pappa è pronta” sottovoce e in modo drammatico, per loro, non significa nulla. Bisogna dirlo nel modo giusto perché venga capito.
Per questo sono molto sbagliate (meglio: inutili) alcune abitudini di certi padroni convinti che il proprio cane sia intelligente. Tipo ripetere un comando con altre parole, cercando quasi di spiegarlo o di convincerlo: il cane “non ha il senso dei sinonimi”, spiegano i ricercatori. Bisogna usare sempre le stesse parole e, soprattutto, lo stesso tono. Un altro errore comune è utilizzare il loro nome come se fossero umani. Per loro è, più che altro, il segno verbale di un dito puntato verso di loro. Insomma, per loro conta il tono.
E per questo sono molto portati per comprendere l’inglese. Come spiega il linguista Steven Pinker, una delle tante curiosità di questa lingua (ma non è la sola, in realtà) è il cosidetto “simbolismo fonetico”. Un suono pronunciato in una zona della bocca suggerisce idee di piccolezza, altezza e ristrettezza. Mentre un suono pronunciato in un’altra zona della bocca suggerisce ampiezza, pesantezza, bassezza. Se si dice “beet” o “bit”, si pensa a cose piccole e strette. Dire “father, core, cot” al contrario, fa venire in mente cose ampie e larghe. “Per questo motivo i topi (mice) sono pensati come piccini e squittiscono (squeak)”, mentre gli elefanti “sono enormi e barriscono (roar)”.
E allora gli inglesi, a intuito, capiscono (e indovinano) che il cinese ch’ing vuol dire “leggero”, mentre ch’ung vuol dire “pesante”. È una scala, che va dai suoni come “o” ai suoni come “i” come se fosse dal basso all’alto. È una caratteristica che gli umani condividono con tutti gli animali: suoni bassi indicano minaccia, suoni alti indicano leggerezza. Più che la rappresentazione inconscia del proprio apparato, è un sistema di simboli tonali naturale. E i cani, che sono animali quanto noi ma hanno un udito molto più sviluppato del nostro, riescono a comprendere benissimo questi significati, in particolare per una lingua come l’inglese che – come si dice – questi simbolismi li asseconda.