Per chi voteranno i losers meridionali? I trentenni senza arte né parte, senza risorse per prestigiosi master al Nord né energie per farcela nell’era della specializzazione e del lavoro discontinuo; senza sogni oltre quello del posto fisso né capacità di “farsi imprenditori di se stessi”, come vuole la regola? Insomma, per chi tifano i Checcozalone? Un nuovo sondaggio effettuato da Alessandra Ghisleri offre una risposta molto netta: il Mezzogiorno resta il grande bacino elettorale del Movimento 5 Stelle, che in Sardegna, Sicilia, Puglia e Campania viaggia su quote astronomiche – fra un minimo del 31% (Campania) e un massimo del 36% (Sardegna) – e minaccia di conquistare una sorta di rappresentanza esclusiva delle ragioni e delle tensioni del nostro Sud.
Della leggendaria forza dei grillino nell’altra metà d’Italia si sapeva da tempo. Il Centro Studi della Luiss, all’inizio dell’anno scorso, valutava addirittura che andando alle urne col vecchio Mattarellum i grillini avrebbero fatto cappotto da Roma in giù. Le nuove regole hanno riaperto spazi anche agli altri, ma il primo posto – come ha scritto Fabio Martini su “La Stampa” – resta «saldamente e nettamente» in mano al Cinque Stelle realizzando così una inversione di prospettiva addirittura storica: «se si pensa che in 72 anni di Repubblica gli elettori meridionali hanno sempre premiato in prevalenza i partiti di governo (la Dc, Forza Italia, l’Ulivo) e comunque mai un movimento dichiaratamente anti-sistema».
Una inversione di prospettiva addirittura storica: «se si pensa che in 72 anni di Repubblica gli elettori meridionali hanno sempre premiato in prevalenza i partiti di governo (la Dc, Forza Italia, l’Ulivo) e comunque mai un movimento dichiaratamente anti-sistema»
In realtà, mai come in questo passaggio politico, i messaggi dei partiti “di sistema” più che ignorare il Sud sembrano irriderlo. Quando Silvio Berlusconi collega la capacità di far politica al conto in banca («L’87% dei grillini non ha mai presentato una dichiarazione dei redditi, non ha mai lavorato, non ha mai realizzato nulla»), senza accorgersene, proclama l’irrilevanza di un mondo intero. Il mondo, appunto, dei Checcozalone, che al massimo può aspirare a farci sghignazzare nei film ma per il resto deve restare al posto suo. Quando il Pd usa il tasto dell’ignoranza e della dabbenaggine («Quelli delle scie chimiche, quelli che si curano col bicarbonato») come arma esclusiva di contestazione al M5S, apre senza volerlo una sorta di “questione razziale” che conduce direttamente al vecchio scontro Nord/Sud: noi intelligenti, colti, razionali; voi superstiziosi, ignoranti, bigotti.
È il Nord il core-business delle forze “di sistema”. Il Nord dell’Expo, dei referendum autonomisti in Lombardia e Veneto, il Nord della ripresa. E infatti è al Nord che si sono concentrati i primi eventi elettorali di serie A, collegati alla campagna elettorale per le Regionali lombarde. Sono le istanze del Nord – immigrazione, sicurezza, tasse – a dominare le agende del Pd e di FI (per non dire della Lega) e ad agitare le proteste che fanno notizia. Come ha scritto il saggista Isaia Sales qualche tempo fa, «i benestanti prendono la parole e le piazze, rispetto ai “malestanti” che ne avrebbero più causa e diritto». Un mondo capovolto, dove gli stessi partiti: «per timore di essere travolti da una tendenza che non riescono a contrastare o ad attutire, la seguono accodandosi».
Andiamoci cauti prima di definirla scelta “antisistema”. A noi sembra piuttosto che emerga la volontà del Meridione di farsi largo a spallate nel “sistema” – cioè nello spazio pubblico dove si conta qualcosa, anche se all’opposizione – usando l’unica forza che offre qualche opportunità
L’inversione di prospettiva segnalata dai sondaggi – con questo Sud che per la prima volta si accoda a una forza non-governativa – viene anche da qui, ma non solo. In un mondo politico bloccato soprattutto al Sud da liste d’attesa infinite, il M5S si qualifica come un rapidissimo ed esclusivo “ascensore sociale”. Oggi, con le Parlamentarie in rete, i grillini sceglieranno tra 15mila nomi quelli di un tot di fortunati che saranno traghettati direttamente dalla marginalità al Parlamento. Insieme a loro, nell’uninominale, ci saranno figure più note, manager e professori, spesso reduci da deludenti esperienze con gli altri e lusingati da queste nuove attenzioni. Andiamoci cauti prima di definirla scelta “antisistema”. A noi sembra piuttosto che emerga la volontà del Meridione di farsi largo a spallate nel “sistema” – cioè nello spazio pubblico dove si conta qualcosa, anche se all’opposizione – usando l’unica forza che offre qualche opportunità. Un calcio alla porta dei Checcozalone, insomma, che rischia di sancire anche politicamente la divisione dell’Italia in due.