Johann Sebastian Bach era un musicista unico, un genio assoluto, immenso. Almeno, considerando i parametri umani. Adesso che la sua musica può essere riprodotta, senza troppa difficoltà, da un programma di intelligenza artificiale, occorrerà prendere in considerazione anche i parametri dei software, e forse ci saranno sorprese.
Bach eccelleva in una forma di inno polifonico, la cantata corale, che – hanno realizzato alcuni ricercatori del Mit – è perfetta per essere riprodotta da un algoritmo. “Si comincia con un motivo ben chiaro cantato da una voce soprano, poi si aggiungono, a fare da contrappunto armonico, altre tre linee melodiche: quella del contralto, del tenore del basso”. Un processo che, nella sua forma, sembra fatto apposta per essere tradotto in algoritmo. “Ma per riprodurli bene occorre tenere conto delle sfumature delicate tra armonia e melodia”, spiegano gli scienziati. E un computer forse non è in grado. Oppure sì? Basta ascoltare questo:
Sembra un’opera di Bach, ma non lo è. Si tratta del lavoro di un neural network, chiamato DeepBach, elaborato nei laboratori scientifici della Sony Computer di Parigi. È impressionante. Grazie a un sistema di “apprendimento profondo”, che per ottenere i risultati migliori necessita di un archivio corposo da cui imparare (e quello di Bach, che conta più di 300 composizioni corali, è piuttosto ricco), riesce a reinventare le tecniche apprese in soluzioni nuove, ingannando anche persone del ramo, cioè esperte della musica di Bach. Che resterà sempre geniale, ma un po’ meno unico.