50 sfumature di rosso? Un film che combatte la pigrizia intestinale

Il terzo capitolo della serie soft porno Bdsm racchiude il meglio (cioè il peggio) dei luoghi comuni sull’amore, sul potere, sul sesso. Come mettere in scena (male) degli stereotipi. E far vivere infelici gli spettatori

Dopo aver archiviato il grigio e il nero, è giunto il tempo di parlare di “50 Sfumature di Rosso”, il terzo film tratto dalla celeberrima trilogia erotica (ma soprattutto comica) di E.L. James, interpretato da Dakota Johnson e Jamie Dornan, in sala da giovedì 8 febbraio.

Facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti: Anastasia Acciaio e Cristiano Grigio (italianizziamo i nomi per emulare certi manuali di storia della filosofia che parlavano di Carlo Marx e Federico Hegel) si sono incontrati. Lui è uno stalker oppressivo ma poiché è anche generoso, giovane, manzo, ricco, proprietario di una quantità imponderabile di immobili, automobili, elicotteri e barche, oltre che della sua azienda, ci va bene così. Lei è una provinciale insicura e inadeguata, ha lo stile di un boy-scout di 45 anni, non ha un ottimo rapporto con la depilazione e usa le mutande Sloggi degli anni 80 che ha ereditato da Melanie Griffith.

Lui c’ha un poco di paturnie perché ha avuto un’esperienza sessuale prematura con una milf, amica della sua madre adottiva. Lei niente, è proprio così, acqua e sapone, fragile e indifesa, insomma la ragazza inutile della porta accanto. Inspiegabilmente, i due si innamorano perdutamente e copulano tanto, sebbene lei sia sexy come una militante di Comunione e Liberazione e lui sia troppo muscoloso per interpretare davvero il ruolo di maschio alfa, dominatore e pervertito. Fatto sta che il Signor Grigio, per via dei suoi traumi infantili, ha sviluppato una certa inclinazione al sadismo sessuale: insomma, ogni tanto deve sculacciare Anastasia, o prenderla da dietro, o infilarle un paio di geisha-balls, o sfilarle della lingerie costosa che le ha regalato. C’ha pure un popò di sala delle torture ma non ci è concesso vedere molto più di quanto già citato. Nel frattempo, Cristiano decide che non troverà mai più nessuna donna disposta a farsi mantenere come Anastasia (che, ricordiamolo, lavora per diletto, non ne avrebbe bisogno, insomma lo fa perché mica può passare tutto il giorno a fare shopping e a decidere cosa far cucinare alla governante per cena). Dunque, la chiede in moglie, introducendo quello che sarà il protagonista indiscusso del film successivo: il diamante da milioni di miliardi di carati che le regala.

Un anno fa li avevamo lasciati così, con la proposta di matrimonio e lei che, sorprendentemente, aveva acconsentito alle nozze con lo psicopatico maniaco del controllo, ricchissimo, Signor Grigio.

le Sfumature della James combattono notoriamente la pigrizia intestinale da qualunque punto di vista le si guardi

Giungiamo oggi al terzo e (sia lodato il signore onnipotente) ultimo capitolo di questa estenuante trilogia. Le aspettative sono prevedibilmente basse, un po’ perché il fenomeno s’è sgonfiato da mò, un po’ perché le Sfumature della James combattono notoriamente la pigrizia intestinale da qualunque punto di vista le si guardi (la trama, inesistente; l’eros, svilito; la colonna sonora, da teen-ager; la regia, quella di un videoclip ambientato in case e automobili di lusso; la scrittura, non parliamone neppure). In questo terzo film, poi, c’è un’inaspettata, quanto inutile, componente action; ci sono alcuni dilemmi coniugali (volere un figlio e quando) e alcuni grovigli psicoanalitici (sospesi con genitori biologici scomparsi) che vengono approssimativamente citati, buttati lì, sceneggiatura a membro di cane che richiama vagamente la professionalità degli autori di Boris.

Ciononostante, poiché 50 Sfumature è un fenomeno di costume, è un caso editoriale mondiale, è un’operazione commerciale costruita sulla leva dell’erotismo al femminile, proviamo a esaminare quanto erotismo ci sia in questa terza fatica cinematografica dei nostri eroi. Tra le cose biricchine che combinano i due neo-sposini (quando non sono impegnati a dormire su divani, o letti, o sdraio al mare, oppure a fornicare, oppure a viaggiare sulla personale flotta aerei e automotive del Signor Grigio) annoveriamo: una sessione fatta con le manette (accidenti che trasgressione); una sessione all’aperto, in automobile, in un parcheggio, di giorno (perché gli atti osceni in luogo pubblico sono sempre gli atti osceni in luogo pubblico); una sessione di petting con l’ausilio di un vibratore (stupoooohre, davvero esistono degli oggetti preposti al piacere femminile?); una sessione col gelato, nel senso che si leccano il gelato addosso (anche questa, una ricercata fantasia sessuale che tutti sviluppano a 14 anni e realizzano entro i 18; se non col gelato, con la Nutella, oppure con quelle deprecabili panne spray); contestualmente, lui le pratica un cunnilingus di 3 secondi. Lei ricambia con una specie di ipotetica fellatio. I coiti durano comunque sì e no 10 secondi, questo per dirvi che se uno è così ricco si può evidentemente passare sopra pure a quella faccenda fastidiosa dell’eiaculazione precoce.

A questo punto forse dimentico qualcosa, nel qual caso mi scuso con i gentili lettori, ma il senso mi sembra ormai chiaro: la tensione erotica, in questa storia, non c’è; non esistono il coraggio, l’intensità, la libertà e la spregiudicatezza che dovrebbero essere parte integrante di qualunque opera dell’intelletto che ambisca a esser definita “erotica”. Al contrario, in 50 Sfumature, già nei precedenti capitoli e in questo ancor di più, c’è altro.

In sostanza, ciò che fa E. L. James è prendere le più dozzinali fantasie sessuali di una 15enne e mescolarle con una concezione paleolitica della femminilità. Tra una sveltina e l’altra ci racconta, come se fosse accettabile, o esemplare, la storia di una donna che rimette tutta se stessa nelle mani del proprio compagno

C’è un uomo che esercita controllo su qualunque aspetto della vita della propria compagna, al punto da inglobarne l’identità; c’è un rapporto patologico di co-dipendenza raccontato come se fosse una favoletta aspirazionale; c’è la negazione dell’autonomia di pensiero e d’azione; c’è la subordinazione economica totale; c’è l’abdicazione a qualunque pretesa di indipendenza femminile; c’è una sessualità piatta e anti-cerebrale, incapace persino di suscitare il minimo prurito negli animi più malandrini. L’esercizio di potere non è un gioco sessuale, ma una scelta strutturale nella relazione tra Cristiano e Anastasia, ormai consacrata nell’olimpo dei pessimi modelli pop, icona anti-femminista indiscussa.

In sostanza, ciò che fa E. L. James è prendere le più dozzinali fantasie sessuali di una 15enne e mescolarle con una concezione paleolitica della femminilità. Tra una sveltina e l’altra ci racconta, come se fosse accettabile, o esemplare, la storia di una donna che rimette tutta se stessa nelle mani del proprio compagno, lasciando a lui l’onore e l’onere di decidere il perimetro della propria libertà, vendendo la propria autonomia in cambio di case, bonifici surreali, guardaroba nuovi e jet privati. Ma manca ancora un pezzo, che puntualmente arriva: la sacra maternità. Anastasia Acciaio la salutiamo così, sperando di non rivederla sullo schermo per un pezzo: felicemente sposata, mantenuta e gravida. Amen.

Non vorrei suonare greve o prendere troppo sul serio un film che è una carnevalata dichiara, ma resta sempre un po’ deprimente pensare che siano state vendute centinaia di milioni di copie, nel mondo, di un libro così maledettamente conservatore che, mortificando l’eros nel suo senso più lato, ci impartisce la più oscurantista delle lezioni. E io, all’idea che le donne sognino questo, un uomo a cui demandare la propria auto-determinazione, non mi rassegno. Ancora.

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