Non sappiamo se davvero il pianoforte riassuma in sé tutta l’arte universale, come voleva Franz Liszt. Sappiamo e non è poco che il pianoforte è la sintesi di tutta la musica occidentale, oltre che di una cospicua fetta di quella afroamericana. 88 tasti che sono il medium -anche in senso magico/misterico- della musica come si è sviluppata in Europa. Il gioco delle voci secondo le regole della scala temperata e dell’armonia, in cui si risente un percorso che va dal gregoriano alla polifonia cinquecentesca alle regole di Lully, e Johan Sebastian Bach, fino alla decostruzione melodica, armonica e timbrica del ‘900. La dinamica (il piano e il forte) nel tocco che da all’oggetto un fascino un po’ selvaggio: “Il pianoforte è un mostro che strilla quando tocchi i suoi denti” diceva Segovia, chitarrista intimorito. La mise “da sera” di un gran coda, snella e scura col sorriso d’avorio dei tasti, che raccoglie mondanità e distacco.
Ed è bello che in Italia ci sia uno dei festival dedicati al pianoforte più prestigiosi al mondo. Il festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo è nato nel 1964, voluto da un infaticabile organizzatore oltre che notevole direttore d’orchestra come Agostino Orizio, e creato a immagine di uno dei più grandi pianisti del 900, Arturo Benedetti Michelangeli, che per anni ne è stato il guru. Nelle 54 edizioni precedenti del festival si sono visti e ascoltati i più grandi pianisti, del mondo, da Benedetti Michelangeli appunto a Magaloff, Richter, Arrau, Pollini, Ashkenazy, Lupu, Zimerman, Brendel, Argerich, Kissin, Sokolov. Ma anche strumentisti, cantanti e direttori del calibro di Abbado, Rostropovich, Muti, Pavarotti, Maisky, Ughi, Gergiev, Giulini, Sawallisch, Solti, Maazel, Chung.
Tutto questo non in un festival/rassegna, una parata di star, ma in una manifestazione che ha sempre mantenuto un carattere “orientato”, tematico, “monografico”. Tra le edizioni di maggior successo si ricordano le integrali pianistiche di Schumann, l’opera omnia di Debussy, Chopin e Brahms, nonché le monografie dedicate a Beethoven e Mozart. Ovviamente non limitandosi solo al piano, ma includendo l’orchestra, e che orchestre: dai Berliner Philharmoniker, ai Wiener Philharmoniker, dalla Chicago Symphony, alla London Symphony, E ancora l’Orchestra di Philadelphia, la Filarmonica d’Israele, la Filarmonica di San Pietroburgo, la National de France, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, la Filarmonica della Scala.
Per la 55sima edizione il tema del festival, che andrà avanti dal 18 aprile all 10 giugno, è Čajkovskij Mon Amour. In primo piano, quindi, l’opera del compositore russo, ma evidenziando il legame con la cultura francese. Sottolineatura importante, nel centenario della morte di Claude Debussy, nume tutelare della musica del 900
Per la 55sima edizione il tema del festival, che andrà avanti dal 18 aprile al 10 giugno (gran finale agli Arcimboldi, Milano), è Čajkovskij Mon Amour. In primo piano, quindi, l’opera del compositore russo, ma evidenziando il legame con la cultura francese. Sottolineatura importante, nel centenario della morte di Claude Debussy, nume tutelare della musica del 900.
A Čajkovskij è dedicata, tra l’altro, l’apertura del festival, con Romeo e Giulietta, ouverture-fantasia considerata il primo capolavoro del compositore russo. “Quanto a Čajkovskij – spiega Pier Carlo Orizio, direttore artistico del festival – col ben noto Concerto n°1 sarà interessante riscoprire alcune pagine pianistiche di rara o rarissima esecuzione, oltre a Le Stagioni e alla Gran Sonata in sol maggiore”. A Debussy è dedicata la rassegna collaterale Au clair de la lune tra il 1 e l’8 giugno, rappresenta una novità delle ultime edizioni del Festival che trova in questa sorta di “appendice”, o “Festival nel Festival”, il format per presentare giovani talenti che hanno conquistato la scena internazionale.
Infatti uno dei ruoli del festival è anche quello di scouting di nuovi talenti. Negli anni, grazie alla rassegna di Brescia e Bergamo si sono messi in luce nomi nuovi, come il giovanissimo Andrea Battistoni. Yuja Wang, ora stella della scena internazionale, si è esibita al Festival nel 2009, o ancora Federico Colli, uno dei talenti a cui il Festival è più affezionato, o il prodigio sedicenne Alexander Malofeev, che ha inaugurato la 54ª edizione e che tornerà anche quest’anno.
Difficile, nell’edizione di quest’anno con un programma di questo livello individuare date più importanti di altre, considerando per esempio nomi come quello leggendario di Martha Argerich o quello di Grigory Sokolov vero oggetto di culto, o appunto Malofeev, o veri e propri miti del pianismo internazionale come Mikhail Pletnev. E ancora, Yuja Wang e molti altri tra cui Alexander Romanovsky o Daniil Trifonov, e Filippo Gorini, ex stelle emergenti e ormai entrati nel gotha del pianismo mondiale.
Saranno presenti a Brescia e a Bergamo i grandi nomi del pianoforte, come quello leggendario di Martha Argerich o quello di Grigory Sokolov vero oggetto di culto, o appunto Malofeev, o veri e propri miti del pianismo internazionale come Mikhail Pletnev. E ancora, Yuja Wang e molti altri tra cui Alexander Romanovsky o Daniil Trifonov
Il Festival inaugura con un doppio debutto: il 18 aprile a Bergamo e il 19 a Brescia con Viktoria Mullova, tra i violinisti più celebrati al mondo (medaglia d’oro giovanissima al Concorso Čajkovskij a Mosca), un’artista il cui repertorio spazia con una straordinaria duttilità dal classico al contemporaneo. E prosegue con altri due tra i più talentuosi violinisti del nostro tempo, Sergej Krilov, anche Direttore della Lithuanian Chamber Orchestra, e Nicola Benedetti, la popolare e precocissima violinista italo scozzese.
Tra le orchestre spiccano le presenze della Royal Philarmonic Orchestra, della Royal Scottish National Orchestra o della Mariinsky Theatre Orchestra che chiude al Teatro degli Arcimboldi a Milano diretta da Valery Gergiev.
Senza dimenticare la Filarmonica del Festival, la compagine resident formata da musicisti che, a dispetto della giovane età, hanno già maturato importanti esperienze internazionali sotto la guida di Pier Carlo Orizio. Ed è proprio il direttore a sottolineare “il valore quasi di sfida e di scommessa che c’è nel far nascere un’orchestra di giovani all’interno di un festival, un investimento per il futuro al quale garantire sempre più risorse e spazi”.L’interesse quest’anno è documentato anche dalla presenza Rai, con ben sette concerti che saranno trasmessi da Radiotre, uno dei quali verrà trasmesso in differita su Rai5. E sempre in tema di audiovisivi si terrà anche quest’anno la proiezione di uno dei film-documentari della collana Vox Imago: Ma l’amor mio non muore. Titolo tratto dal progetto 2017 dedicato a Manon Lescaut di Giacomo Puccini, diretta da Gianandrea Noseda.La collana “Vox Imago”, prodotta da Mondadori Electa e Musicom.it, si propone di stimolare la conoscenza del melodramma, usando le diverse risorse multimediali oggi a disposizione. In fondo il genere opera lirica è il prodotto artistico multimediale per eccellenza.
Pianoforte, orchestra, un insieme di iniziative collaterali che legano cultura e territorio (il programma completo lo trovate qui). Abbiamo in casa un gioiello della musica mondiale. Tagliato su uno strumento che è il medium della musica occidentale.