Come inventare un segnale che sarà capito anche tra 10mila anni

È l’obiettivo di un gruppo di scienziati che, da oltre 50 anni, cerca di inventare un sistema per cui gli uomini del futuro si tengano alla larga, per la loro salute, dai siti atomici. Non è semplice

Quando le civiltà spariranno, le città saranno sepolte dalle rovine e le leggi scomparse, le scorie nucleari stoccate nei siti appositi saranno ancora lì. Incustodite e alla mercé di chiunque. Come impedire che vengano riesumate? Come impedire, al curioso passante che tra 10mila anni si aggirerà da quelle parti, di entrarne in contatto? Come avvertirlo?

È un problema che, a ben guardare, si pongono in pochi. Al giorno d’oggi esiste un segnale universale in grado di avvertire tutti del pericolo. Inventarlo, come si racconta in questo video, non è stato semplice. Il team che si è concentrato sulla questione, nel 1966, aveva elaborato alcuni parametri fondamentali: doveva colpire la vista (per cui niente simboli geometrici semplici, quelli che, ad esempio, venivano impiegati nelle forze armate americane per segnalare i siti a rischio radioattivo), non essere ambiguo (niente che fosse già visto, o già noto) ma, al contrario, essere riconoscibile al volo, simmetrico, facile da riprodurre. Non fu facile: dovevano creare un segno “memorable but meaningless”, cioè “che si imprimeva nella memoria ma non ricordasse altri significati”. Alla fine, dopo una serie di esperimenti e ricerche, si arrivò a questo:

Funziona? Sì. È di facile comprensione? Sì. Ricorda qualcos’altro? No. Ha solo un problema: non durerà per sempre.

È il dilemma degli scienziati. Come fare a creare un segno, un codice, in grado di essere compreso anche tra 10mila anni? Bella domanda. Per arrivare a una soluzione si sono rivolti anche a fisici, antropologi, storici, esperti del linguaggio. Il trust di cervelli così radunato ha pensato di creare una sorta di “manuale di istruzioni” fatto a vignette. Idea subito scartata perché troppo dipendente dalle abitudini culturali (leggere da destra a sinistra, comprendere il senso di causa ed effetto, capirne il lato simbolico). Allora si è immaginato di creare delle strutture respingenti: campi di punte aguzze in grado di tenere lontani i più curiosi. Come questi:

Ma anche qui, non basta. Come si può essere sicuri che strutture del genere non siano, oltre che un avvertimento, anche un’attrazione? Non lo si può essere. E poi devono durare almeno 10mila anni. Si vedono bene come sono ridotte le strutture arrivate a oggi vecchie di qualche migliaio di anni. E allora che si fa?

Nel 1984 un studioso di lingue, Thomas Sebeok, ha proposto di creare un “sacerdozio atomico”, una sorta di setta segreta destinata a trasmettere, di generazione in generazione, la mappa dei siti nucleari e impedire alle persone di provare ad accedere. Ipotesi affascinante (forse influenzata dalla lettura de Il nome della rosa), ma di difficile attuazione. Un filosofo francese e uno italiano, Georges Bastide e Paolo Fabbri, propongono di creare dei gatti bioluminescenti, modificati a livello genetico per illuminarsi se arrivano nelle vicinanze di un sito nucleare. Insieme, si devono inventare canzoni, storie e leggende sui gatti luminosi, segno di pericolo e di cattiva sorte, quasi per far nascere una superstizione. Ma anche qui, il rischio è di confidare troppo nella capacità umana di trasmettere idee e tradizioni.

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