Quando li vedono per strada, li insultano. Non c’è niente che possa far arrabbiare di più un talebano di un uomo barbuto con taglio hipster. Eppure, nonostante tutti i limiti imposti negli anni, i giovani afghani sono entusiasti delle nuove possibilità che offrono i saloni più alla moda. Va bene la barba lunga, come vuole la tradizione, ma almeno che sia trendy.
E così, come racconta Racked, in Afghanistan negli ultimi anni – in particolare in seguito all’occupazione americana – hanno cominciato a fiorire i barbieri hipster. Tagli di capelli newyorkesi e barbe eccentriche, che hanno il solo problema di non essere sharia-compliant. E fino a quando i talebani esercitavano un forte controllo, acconciature di questo tipo erano proibite. Adesso, almeno nelle aree “liberate”, i giovani più alla moda non vedono l’ora di esibirle.
Vanno compresi: per anni in quei territori la libertà estetica – anche degli uomini – è stata repressa. Si pensi solo che negli anni ’90, quando tutto il mondo impazziva per Titanic, alcune copie videoregistrate (e di contrabbando) arrivarono anche sul territorio afghano. I giovani che lo vedevano cominciavano a sognare e, in particolare, volevano i capelli come Leonardo di Caprio. Un desiderio realizzabile, ma solo con l’accortezza di tenere nascosto il nuovo taglio sotto il turbante. Era, a modo suo, una forma di ribellione, silenziosa e invisibile, ai dettami rigidissimi della dottrina fondamentalista. Il governo, con il braccio armato del Ministero della Virtù e del Vizio, in quell’occasione (siamo nel 2001) ne arrestò ben 22: quei boccoli impedivano di chinarsi e di dire bene le preghiere.
E adesso? Dove è permesso, vanno di moda soprattutto i tagli italiani (guarda un po’) e quelli turchi. Lo spiega Mahdi, un parrucchiere di Kabul ovest, che possiede insieme a due suoi amici uno dei saloni più alla moda. “Fino a un paio di anni fa, invece, tutti volevano i capelli uguali a quelli dei protagonisti di una serie tv coreana”. Ora c’è più varietà. Alcuni si ispirano ancora ai divi della televisione o del cinema. Altri, invece, portano con sé “immagini che trovano su internet” indicando tagli e stili del tutto nuovi.
Insomma, per invadere quel Paese servono le barbe. E chi si meraviglia della pervasività del modello americano, fatto di hipster, risvoltini e tagli strani, ricordi che anche la “tradizione” talebana, dalla forte componente wahabita, tanto afghana non è. Si tratta, anche lì, di cultura di importazione. Solo che in quel caso – oltre ai vari altri problemi – la barba era meno curata.