“Ho incontrato Sartre, de Beauvoir e Foucault: altro che idoli, sono una delusione totale”

Il racconto amareggiato dell’incontro, avvenuto nel 1979, tra i tre celebri studiosi francesi ed Edward Said, padre del concetto di "orientalismo" . I giganti del pensiero si mostrarono vacui, sfuggenti e assenti. A segno che è meglio non conoscere le persone che si ammirano

Lui era un giovane ma già affermato studioso, loro tre giganti del pensiero. Lui li conosceva benissimo, aveva studiato le loro opere e li venerava. Loro non tanto. L’incontro tra i quattro ebbe luogo nel 1979 a Parigi e, come si può immaginare, non andò bene.

Edward Said, celebre studioso palestinese-americano, autore di Orientalismo, era entusiasta all’idea di poter vedere e parlare con i pensatori francesi Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Michel Foucault. Addirittura, quando ricevette l’invito per una conferenza con loro sulla pace nel Medioriente pensò che si trattasse di uno scherzo. Purtroppo (per lui) non lo era.

Quando arrivò a Parigi, scoprì che per “ragioni di sicurezza” la conferenza era stata spostata (non si capisce perché) nell’appartamento di Michel Foucault. Lì le cose cominciarono ad andare male.

Simone de Beauvoir

Come scrive nelle sue memorie, gli lasciò una pessima impressione. “Era già lì, con indosso il suo famoso turbante, parlando a tutti quelli che volevano ascoltare del suo imminente viaggio a Teheran con Kate Millet, in cui pianificavano di fare dimostrazioni contro il chador. L’idea mi colpì in quanto sciocca e paternalista e, sebbene non vedessi l’ora di sentire quello che aveva da dire, realizzai che era una persona piuttosto vacua e con cui era inutile litigare al momento. Inoltre, se ne andò dopo un’ora (prima che arrivasse Sartre) e non la vidi più”.

Michel Foucault

Non andò meglio con il celebre autore di Sorvegliare e punire. Anche lui si sarebbe allontanato poco dopo per andare in biblioteca per la sua “ricerca quotidiana”. Foucault era “un filosofo solitario, un pensatore rigoroso, ma del tutto refrattario all’idea di discutere con me della politica del Medioriente, tranne che della Rivoluzione Iraniana”. Del resto vi aveva un po’ partecipato. Il filosofo francese la descrive come un’esperienza “molto emozionante, stranissima, pazza”. Secondo Said “Mi sembra di averlo sentito dire (ma forse mi sbaglio) che quando era a Teheran si era camuffato con una parrucca”.

Jean Paul Sartre

Forse la parte più spiacevole spetta proprio all’anziano filosofo. “Appare vecchio e fragile. Sempre circondato, sostenuto e incitato da una piccola rete di persone da cui è del tutto dipendente”. Era del tutto “assente” dal punto di vista mentale. “Era passivo, privo di emozioni, immobile. Non ha detto niente per ore. Durante il pranzo era seduto davanti a me: il suo sguardo era sconsolato e non comunicativo, i piatti passavano davanti a lui senza che se ne accorgesse. Ho cercato di iniziare una conversazione con lui, ma non è andata da nessuna parte. Forse era sordo, ma non sono certo. Sembrava la versione spettrale della sua persona: la sua proverbiale bellezza, la pipa e i vestiti pendevano da lui come una scenografia su un palcoscenico deserto”. Era vivo, però. Al momento in cui toccò a lui parlare lesse “un testo di due paginette, pieno delle platitudini più immaginabili, informativo come un dispaccio della Reuters”.

Insomma, dispiace per Edward Said, ma doveva saperlo: le mitologie personali devono restare mitologie. Vale per gli attori, per i musicisti, i cuochi. E anche (forse soprattutto) per gli studiosi. Nell’accademia è sempre meglio non incontrare dal vivo i propri idoli. La delusione è dietro l’angolo. In questo caso, in un bell’appartamento di Parigi.

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