Seicento milioni di euro persi per strada solo nella lotta all’evasione dei contributi. A conti fatti, finora, è questo il risultato che salta più all’occhio dopo la costituzione della nuova Agenzia per le ispezioni sul lavoro, che ha accorpato sotto il cappello unico del ministero del Lavoro gli ispettori di Inps e Inail. L’Ispettorato nazionale del lavoro, Inl, diventato operativo un anno fa, aveva lo scopo dichiarato di razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza, evitando la sovrapposizione dei controlli nelle aziende. «Ma nessuno degli obiettivi è stato realizzato», denuncia Giancarlo Sponchia, presidente di Aniv (Associazione nazionale ispettori di vigilanza) e dipendente Inps. «Anzi, l’unico risultato è stato il rallentamento e il blocco dell’attività degli ispettori, con una perdita economica considerevole».
L’idea iniziale del decreto legislativo del Jobs Act che ha costituito l’agenzia unica era fare un po’ di spending review sugli affitti, riducendo le sedi territoriali degli ispettorati a non più di una per regione. Ma alla fine le sedi sono rimaste quasi tutte, ridotte da 85 a 74, più quattro ispettorati interregionali. In termini di costi generali, insomma, la situazione è rimasta invariata.
Ma con la nuova agenzia nata senza risorse aggiuntive, i fondi che prima erano di Inps e Inail hanno cominciato a essere drenati verso il nuovo Inl. Finché il ministero del Lavoro lo scorso novembre ha stabilito per decreto il trasferimento nelle proprie casse dei fondi destinati ai rimborsi spese delle missioni degli ispettori: 11,8 milioni dall’Inps e 1,3 milioni dall’Inail.
«Ma non è solo una questione di soldi», dicono. Sono cambiate anche le regole delle missioni, e tutto si è complicato. «Ora l’attività deve essere sottoposta a una commissione regionale, che si riunisce una volta al mese e approva le liste delle ispezioni», spiega Sponchia. Insomma, per quello che prima si faceva in un giorno, ora bisogna aspettare un mese. A suon di carte bollate.
Ora l’attività deve essere sottoposta a una commissione regionale, che si riunisce una volta al mese e approva le liste delle ispezioni. Per quello che prima si faceva in un giorno, ora bisogna aspettare un mese
Sul fronte lavoro, i controlli ispettivi sulle aziende si dividono principalmente in tre aree: gli ispettori del ministero si occupano della regolarità dei contratti, quelli dell’Inps del pagamento dei contributi, quelli dell’Inail della sicurezza dei lavoratori. Parliamo circa 5mila soggetti che vanno su e giù in giro per l’Italia: 3mila per il ministero, 1.400 per l’Inps, 370 per l’Inail. Ma nonostante i numeri cospicui, Inps e Inail hanno sempre portato in cassa maggiori risultati, sviluppando negli anni conoscenze, tecnologie e software che ora rischiano di essere dimenticati. Tant’è che persino il presidente dell’Inps Tito Boeri si era opposto alla riforma.
Spaventati dalla prospettiva di lavorare in un gigante di burocrazia come il ministero del Lavoro, molti ispettori dell’Inps hanno preferito fare le valigie. Chi poteva andare in pensione lo ha fatto, chi è riuscito a passare dalle missioni all’amministrazione ci ha messo la firma. Il risultato è che, in due anni, si contano 250 ispettori Inps in meno rispetto ai 1.400 iniziali. «Se si calcola che ogni ispettore Inps in media accerta ogni anno 1 milione di euro di evaso, vuol dire che ogni anno perdiamo 250 milioni. Questo è il danno che indirettamente ha provocato l’Inl», dice Sponchia. All’Inail si sono persi meno ispettori, una trentina tra il 2014 e il 2016.
L’Inl, in teoria, dovrebbe compensare i posti vacanti con nuove assunzioni, ma ancora non si è mossa una foglia né un euro. Con il risultato che le ispezioni per pescare le aziende con le mani nella marmellata sono sempre di meno. E non parliamo di spiccioli, visto che solo la stima dell’evasione contributiva in Italia si aggira intorno ai 70-100 miliardi. Nel 2014, prima della riforma, le ispezioni dell’Inps avevano portato in cassa 1,5 miliardi di premi e contributi evasi. L’importo è sceso a 1,3 miliardi nel 2015, 1,1 miliardi nel 2016, e nel 2017 è stato di 900 milioni. Seicento milioni che non sono nelle casse dell’Inps. Solo nel 2016 ci sono state 30mila ispezioni Inps in meno. All’Inail, invece, le ispeziono sono state 2.200 in meno in due anni. E con gli infortuni e le morti sul lavoro in aumento, «non può non essere considerata significativa la perdita di 2.200 regolarizzazioni», dicono da Aniv.
E i tassi di irregolarità sono altissimi. Il calcolo è che ogni cento visite ispettive, 88 si concludono positivamente per l’Inail, 81 per l’Inps e 51 per gli ispettori del lavoro. E se l’Inps quest’anno ha raccolto 900 milioni, Inail e Inl ne hanno portati in cassa 100 milioni l’anno circa ciascuno tra sanzioni e accertamenti.
Nel 2014, prima della riforma, le ispezioni dell’Inps avevano portato in cassa 1,5 miliardi di premi e contributi evasi. L’importo è sceso a 1,3 miliardi nel 2015, 1,1 miliardi nel 2016, e nel 2017 è stato di 900 milioni. Seicento milioni che non sono nelle casse dell’Inps
«La logica voleva che venisse valorizzato chi portava maggiori introiti. Invece si va nella direzione opposta», dice Sponchia. «Inail e Inps hanno strutture attrezzate, non solo in termini di banche dati, ma anche in termini di applicativi che incrociano questi dati per fare attività di intelligence ed evitare doppie ispezioni». Solo l’Inps ha un sistema che incrocia 13 banche dati diverse. Il che significa andare quasi a colpo sicuro. E l’effetto sorpresa, nelle ispezioni, è tutto. Anche perché le tecniche di truffa sono sempre più affinate e la vita media delle aziende “furbe” è molto breve. Nascono e muoiono in poco tempo. «Dobbiamo stare al passo con i tempi», dice Sponchia. «Non possiamo aspettare mesi prima di intervenire. Dobbiamo fare controlli, ma anche attività di prevenzione, intercettare i fenomeni nel momento in cui stanno per nascere, non solo andare a constatare il morto in azienda».
Per fare un esempio, se si visita un’azienda e si riscontra il cambio di titolare, secondo le nuove procedure l’ispettore deve tornare indietro e farsi riassegnare la pratica, senza poter procedere ugualmente, raccontano. E addio effetto sorpresa. «Una struttura che è altamente burocratizzata come il ministero non può gestire un’attività che invece dev’essere snella e veloce per essere efficace», dice Sponchia. Tant’è che nonostante il decreto ministeriale prevedesse il trasferimento delle risorse per i rimborsi Inail e Inps già dal 31 gennaio, l’Inl ha prorogato la scadenza al 30 giugno perché non è ancora in grado di gestire i fondi. «E se non riescono a gestire le risorse economiche, figurarsi il coordinamento delle attività di ispezione».