Prepariamoci: arriva Amazon e il lavoro non cresce, anzi diminuisce

Un report dell’Economic Policy Institute dice che nei centri Usa in cui il colosso di Jeff Bezos ha messo radici in realtà non si registra alcun miglioramento in termini occupazionali. Anzi, in alcune aree i posti di lavoro sono anche diminuiti

Altro che posti di lavoro e stipendi alti. Mentre i sindaci delle città americane fanno a gara per accaparrarsi la sede del secondo quartier generale di Amazon dopo Seattle, con la promessa di 50mila nuove posizioni di lavoro, un nuovo report dell’Economic Policy Institute (Epi) dice che nei centri Usa in cui il colosso di Jeff Bezos ha messo radici in realtà non si registra alcun miglioramento in termini occupazionali. Anzi, in alcune aree i posti di lavoro sono anche diminuiti.

E non solo perché, come ha raccontato il Seattle Times, Amazon è in procinto di licenziare centinaia di dipendenti, proprio a partire dal centro di comando di Seattle. Il calcolo, conti alla mano, è che mentre l’apertura di un nuovo magazzino porta a un aumento immediato del 30% dei posti di lavoro nel settore della logistica, non ci sono però prove di un miglioramento generale dell’occupazione in quella stessa area. Secondo i ricercatori, la crescita occupazionale nei magazzini di Bezos è pienamente compensata dalle perdite in altri settori nella stessa area. A partire, come è facile prevedere, proprio dal commercio. E alla fine, ben che vada, c’è un pareggio.

Quando Amazon ha aperto le candidature per decidere la sede del secondo quartier generale americano, la città di Stonecrest, in Georgia, aveva fatto sapere di essere disposta anche a cambiare il proprio nome in Amazon se il colosso di Jeff Bezos l’avesse scelta. Le città che hanno partecipato alla selezione, con la promessa di 5 miliardi di dollari tra sussidi e investimenti e 50mila posizioni di lavoro ad alto tasso di qualifiche e stipendi, sono state 238. La società alla fine ne ha selezionate venti. E Stonecrest, nonostante lo spirito di sacrificio, non è tra queste.

Ma magari forse non gli è andata così male, a vedere i risultati dello studio dell’Epi. I dati «suggeriscono che quello che si verifica è una sorta di trasferimento occupazionale, e che la crescita dei posti di lavoro nel magazzino di Amazon è troppo limitata per potersi tradurre anche in ampi guadagni per l’economia locale complessiva», spiegano Janelle Jones e Ben Zipperer, i due autori del report .

I dati suggeriscono che quello che si verifica è una sorta di trasferimento occupazionale, e che la crescita dei posti di lavoro nel magazzino di Amazon è troppo limitata per potersi tradurre anche in ampi guadagni per l’economia locale complessiva

Lo studio ha analizzato l’andamento occupazionale in 54 centri di smistamento presenti in 34 contee americane tra il 2001 e il 2015, confrontandoli poi con i livelli di occupazione nel settore della logistica su un totale di 1.141 di contee per capire quale fosse l’impatto della presenza di Amazon. «L’apertura di un magazzino porta alla creazione di nuovi lavori in quel magazzino, ma due anni dopo non produce un aumento generale del livello occupazionale nell’area stessa», si legge.

I centri di distribuzione Amazon negli Usa hanno raggiunto ormai quota cento. E l’espansione della rete ha coinciso con un piano strategico in cui l’azienda ha negoziato sgravi fiscali, esenzioni e assistenza infrastrutturale da parte del governo in nome dello sviluppo economico e occupazionale locale. Seguendo questa logica, dalla fine del 2016 Amazon ha ricevuto oltre 1 miliardo di sussidi statali e locali per l’apertura di centri di smistamento e spedizione. E come sta accadendo ora in vista dell’apertura del secondo quartier generale, le città fanno a gara nell’offrire tasse più leggere per attirare l’attenzione di Bezos.

Ma dopo aver speso soldi e alleggerito gli oneri fiscali di Bezos e famiglia, si scopre che i risultati non sono poi così eccellenti. Quella dell’Economic Policy Institute non è la prima ricerca che mette nero su bianco l’impatto occupazionale negativo di Amazon. Dopo un vertiginoso incremento del 40 per cento nel numero di dipendenti assunti nell’ultimo anno da parte di Amazon, il giornale Quartz ha calcolato che la crescita del gigante dell’e-commerce non ha mitigato la perdita di posti nel settore del commercio che ha contribuito a distruggere. A causa degli investimenti di Amazon nell’automazione, nel 2017 l’occupazione combinata di Amazon e delle società di retail concorrenti diminuirà per un totale di 24mila posti di lavoro.

Se prendiamo i livelli occupazionali dell’area intorno a Castel San Giovanni, dove dal 2011 sorge il magazzino Amazon più grande d’Italia, non notiamo grosse variazioni. Nella provincia di Piacenza, dal 65,6% del 2011, passando per la riduzione fino al 64,4% del 2014, nel 2016 si è risaliti al 66,3 per cento

L’Institute for Local Self-Reliance (ILSR) in una ricerca ha fatto un confronto sui numeri tra i punti vendita classici e i grandi hub di Bezos: se i negozi fisici, in media, impiegano 49 persone per ogni 10 milioni di vendite, nel caso di Amazon si scende a 23 persone. Alla perdita di lavoro, è chiaro, si dovrebbe aggiungere anche quella di gettito fiscale locale. Un’altra ricerca, “Amazon and Empty Storefronts”, condotta dalla società di ricerche Civic Economics, ha stimato in 222mila i posti di lavoro netti persi a causa dell’impatto di Amazon nel 2015. Anche in termini di salari le condizioni non sono ottimali. Una ricerca dell’Economist aveva dimostrato che dopo l’apertura di un magazzino Amazon le retribuzioni locali die lavoratori diminuiscono in media del 10% rispetto a omologhi lavoratori impiegati altrove.

E in Italia? Se prendiamo i livelli occupazionali dell’area intorno a Castel San Giovanni, dove dal 2011 sorge il magazzino Amazon più grande d’Italia, non notiamo grosse variazioni. Nella provincia di Piacenza, dal 65,6% del 2011, passando per la riduzione fino al 64,4% del 2014, nel 2016 si è risaliti al 66,3 per cento. In quella di Pavia, immediatamente confinante, nel 2011 il tasso di occupazione era al 64,6%, nel 2016 al 65,3%, dopo essere sceso fino al 63,6% nel 2013. Il mirabolante effetto Amazon, in affetti, se c’è, non si vede.

***

In merito ai dati pubblicati, Amazon ci ha inviato una precisazione, che pubblichiamo di seguito:

Rispetto al report US dell’Economic Policy Institute precisiamo che oltre ai 200.000 dipendenti di Amazon (US), secondo dati 2016 quindi più recenti dei dati EPI, gli investimenti di Amazon hanno portato alla creazione di altri 200.000 posti di lavoro al di fuori di Amazon, che vanno dagli impieghi legati all’edilizia alle posizioni nel settore sanitario. Di fatto negli ultimi cinque anni le regioni in cui Amazon ha investito hanno visto calare il rispettivo tasso di disoccupazione in media di 4,8 punti percentuali, spesso portando ad un tasso inferiore alla media del relativo stato.

(vedi tabella allegata –Variazione del tasso di disoccupazione tra il 2010 e 2016 nelle prime 20 contee degli Stati Uniti in termini di investimenti realizzati da Amazon)

In regioni come l’Inland Empire in California, gli effetti dei 2 miliardi di dollari di investimenti realizzati da Amazon tra il 2012 e il 2016 hanno portato, in base alle stime, alla creazione di altri 34.600 posti di lavoro. In regioni degli Stati Uniti simili tra loro, come la Lehigh Valley, il Fall River, il Massachusetts e la Rust Belt, Amazon ha creato opportunità di lavoro per lavoratori che non avevano un impiego a causa della chiusura di aziende del loro settore o che avevano poche opportunità occupazionali nella propria comunità locale.

Quelli nei centri di distribuzione di Amazon sono impieghi che offrono uno stipendio competitivo e un ampio pacchetto di benefit che comprende assicurazione sanitaria, bonus, contributi previdenziali, un generoso congedo di maternità e paternità e programmi innovativi come Career Choice, che copre anticipatamente il 95% delle rette e delle spese associate per i dipendenti intenzionati a ricevere formazione o istruzione per ambiti molto richiesti, a prescindere dal fatto che possano poi applicare o meno all’interno di Amazon quanto appreso. Il nostro obiettivo è dare ai dipendenti l’opportunità di acquisire nuove competenze che possano aiutarli a potenziare ulteriormente il loro percorso professionale in Amazon o persino in un altro settore.

In Italia

Dal suo arrivo nel 2010, Amazon ha investito in Italia oltre 800 milioni di euro. Oggi Amazon impiega nel nostro Paese 3.500 dipendenti a tempo indeterminato, che corrispondono a una crescita del 75% dall’inizio del 2017, e nel prossimo futuro abbiamo in programma l’assunzione di altre 3.000 persone a tempo indeterminato.

A Castel San Giovanni sono occupate 1600 persone a tempo indeterminato.

Lo scorso 6 novembre abbiamo aperto i nuovi uffici direzionali a Milano che ospitano più di 550 dipendenti, circa il 40% in più rispetto allo scorso anno. I nuovi edifici, 15 piani per 17.500 metri quadrati, ci forniscono l’ambiente migliore per attrarre e trattenere i migliori talenti e sostenere la crescita. Quando sarà completato il secondo edificio, quello che affaccia su Viale Monte Grappa, il complesso avrà spazio per ospitare fino a 1.100 colleghi.

Nel 2017 abbiamo arricchito i nostri team a Milano attraverso un’intensa campagna di assunzioni su un ampio spettro di ruoli a supporto della crescita: dai manager delle vendite agli specialisti del cloud, dagli esperti di marketing agli account manager che supportano le piccole e medie imprese a incrementare le proprie vendite su Amazon. Ingegneri, specialisti in IT, nell’advertising, nei contenuti e nei video.

Su amazon.jobs si possono vedere le tante posizioni attualmente aperte anche per i nostri uffici milanesi.

Nel 2017 abbiamo aperto anche due nuovi centri di distribuzione a Passo Corese e Vercelli, investendo 215 milioni di euro, e 5 depositi di smistamento sul territorio italiano.

E siamo impegnati a proseguire negli investimenti: nel 2018 apriremo il quarto centro di distribuzione a Torrazza Piemonte e un nuovo centro di smistamento a Casirate, per un totale di oltre 1.600 posti di lavoro a tempo indeterminato, da creare in 3 anni dopo l’apertura nell’autunno 2018. L’investimento di 150 milioni di euro nel nuovo centro di Torrazza Piemonte, di 60.000 mq, è un altro passo che stiamo compiendo per rendere l’Italia una pietra angolare della la nostra rete europea di distribuzione.

Sono migliaia poi le PMI italiane che stanno facendo crescere con successo la propria attività utilizzando il Marketplace di Amazon.

In totale oltre 32.000, piccole medie imprese e professionisti hanno sviluppato la propria attività con Amazon Marketplace, Amazon Web Services e Kindle Direct Publishing. Con il numero dei venditori italiani che usano Marketplace che è più che raddoppiato nel 2017 e l’export che ha raggiunto quota euro 350 milioni nel 2017 (+40% rispetto al 2016) Nel complesso, gli artigiani che sfruttano la vetrina Made in Italy hanno visto crescere le vendite in modo significativo (+86%) nel 2017 su Amazon.

X