Tutti parlano di Meta e Moro, ma la canzone Nardinocchi spiega il fallimento Sanremo

Continua a tenere banco la polemica sul palgio-non-plagio dei due cantanti. Intanto, il 6 febbraio, è uscita una canzone - “Sanremo Amore scusa” - il cui Nardiocchi racconta la sua esperienza non certo esaltante all'Ariston

La telenovela continua. Qui non si parla d’altro. No. Non parlo del perché Baglioni o chi per lui abbia deciso di prendere al suo fianco due pezzi di legno come Favino e la Hunziker, né del perché gli autori del Festival si accaniscano nei nostri confronti con cosi tanta cattiveria. Parlo del caso Meta-Moro. Sono stati sospesi, come a scuola, in attesa di giudizio. Hanno aspettato quasi 24 ore per difendersi e nel mentre chiunque ha detto la propria a riguardo – dai direttori d’orchestra a Solange – e quel che hanno detto è che la canzone in effetti è la stessa, almeno nel ritornello, ma quella vecchia non è mai stata commercializzata. Confondendo clamorosamente edito e messo in commercio.

Ma va bene così, chi se ne frega, verrebbe da dire. Non fosse che tutto questo sembra una perfetta metafora dell’Italia. Esiste una regola, troviamo il modo per dire che se l’abbiamo violata c’era un motivo per farlo. E del resto la regola, stavolta, è così labile da sembrare scritta apposta per trovare poi facilmente un inganno. Dice, infatti, che se il 30% di una canzone viene ripresa non è plagio. Quindi Moro poteva tornare cantando il ritornello di Pensa, o Meta quello di Vietato morire e nessuno avrebbe rotto le palle. Una storia bruttina che tra l’altro non è servita a nessuno.

Il che spinge a interrogarci su come debbano sentirsi i diretti interessati ora, visto che non c’è uno che ha subito un plagio

Il che spinge a interrogarci su come debbano sentirsi i diretti interessati ora, visto che non c’è uno che ha subito un plagio. Avrei anche la curiosità di capire se Andrea Febo, collaboratore di Moro e autore del ritornello incriminato, sia ancora incolume. Ma scherzi a parte, questa deve essere davvero stata una giornata di merda per i due, come se le altre fossero necessariamente migliori.

E qui arriviamo alla vera notizia della giornata, il 6 febbraio, giorno in cui è iniziato il Festival, è uscita una canzone che racconta, senza filtri, l’esperienza di andare in gara a Sanremo. Si tratta di Sanremo Amore scusa di Andrea Nardinocchi.

Nardinocchi, per chi se lo fosse perso, è uno degli autori e interpreti più interessanti che abbiamo in Italia, almeno tra i giovani. Una penna originale, in bilico tra R’n’B e New Soul. Un Post Malone prima di Post Malone. Meglio di Post Malone. Due album alle spalle, Nardinocchi sta per tornare e ci regala questa chicca. Una storia dura, su una base lenta, quasi dilatata. La storia di un fallimento, per certi versi, di chi si trova a dover affrontare un TIR lanciato in corsa contro di se’ e ne muore. Non esattamente una passeggiata quindi.

E qui arriviamo alla vera notizia della giornata, il 6 febbraio, giorno in cui è iniziato il Festival, è uscita una canzone che racconta, senza filtri, l’esperienza di andare in gara a Sanremo. Si tratta di Sanremo Amore scusa di Andrea Nardinocchi

La sua partecipazione a Sanremo Giovani 2013, nell’edizione vinta da Antonio Maggio, citato in un passaggio non proprio in maniera entusiasta, deve essere davvero stata tremenda. Qui potete sentirla e, ovviamente, mettervi poi a pregare che il nuovo lavoro esca presto, perché ne abbiamo davvero bisogno.

Ora tocca solo capire se, da questa brutta vicenda di Sanremo 2018, anche Ermal Meta e Fabrizio Moro trarranno spunto per scrivere la loro Sanremo Amore scusa. Per ora noi speriamo restino in gara. Daje.

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