Raccontano che entrando alla prima riunione degli eletti della Lega tutti abbiano dovuto lasciare il cellulare all’ingresso. Porte chiuse. Vietato uscire, pure per andare in bagno. Lezione sulle regole, dal versamento mensile al partito – 3mila euro, possibile? – al dress code per le foto sui tesserini. Raccontano che alla prima riunione degli eletti del M5S, per paura di violare il codice del silenzio, deputati e senatori non dicessero manco il nome ai giornalisti: «Come mi chiamo? Chiamatemi deputato».
Eccoli qui i nuovi partiti che vincono le elezioni. Partiti solidi, gerarchici, territoriali, statutari, entrambi col loro Cominform (propaganda e apparizioni tv centralizzate), coi loro Soviet (consigli federali da una parte, Meetup dall’altra), le loro Tass (Il Populista, il Blog delle Stelle), le loro parate rituali (Pontida, Italia Cinque Stelle), i loro assetti militarizzati, i loro capi assoluti (Il Capitano, Il Fondatore). Fra i molti capitoli di storia italiana scritti dal voto del 4 marzo, quello sulla fine dei “partiti liquidi” è forse il più singolare perchè davvero ci avevano creduto tutti, vent’anni fa, che il futuro della politica nel villaggio globale fosse quello di farsi fluida, scorrevole, gassosa, addirittura molecolare come la cucina di Ferran Adrià.
Il partito liquido se lo era inventato Walter Veltroni nel 2008 e sembrava un’idea rivoluzionaria per restituire ossigeno agli eredi del Pci, l’intenzione di mettere insieme tendenze culturali, suggestioni, perfino ossessioni, scuoterle, mischiarle, e con la loro effervescenza marginalizzare le burocrazie e i politburo interni. “Basta tesseramenti all’antica!”, diceva il partito liquido. Basta congressi piramidali! Basta palchi con la dirigenza schierata! Basta correnti organizzate! Viva il sapiente disordine delle contaminazioni meticce! Viva il navigare! Morte ai timonieri! La metafora più bella fu appunto marinara. Una frase di Antoine Saint Exupery. «Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito».
Fra i molti capitoli di storia italiana scritti dal voto del 4 marzo, quello sulla fine dei “partiti liquidi” è forse il più singolare perchè davvero ci avevano creduto tutti, vent’anni fa, che il futuro della politica nel villaggio globale fosse quello di farsi fluida, scorrevole, gassosa, addirittura molecolare come la cucina di Ferran Adrià
Silvio Berlusconi aveva più o meno la stessa concezione di partito, ancorché fondata su solide astuzie imprenditoriali piuttosto che su costruzioni ideologiche. Al Cavaliere piaceva il Modello Americano. Il partito come un comitato elettorale che si mette insieme in occasione delle elezioni e sparisce subito dopo, evitando di dare seccature. Nel vecchio Pdl non si sapeva manco chi fossero i componenti dell’Ufficio Politico: una volta si riunivano in trenta, una volta in cinquanta, una volta in dieci. Tessere, mai viste. Congressi, mozioni, votazioni, mai pervenuti. Quando nel 2012 in un sussulto di orgoglio partitesco si decise di avviare un simulacro di competizione per la leadership, si candidarono in 12, compresi due che manco erano iscritti e Vittorio Sgarbi. Angelino Alfano era il favorito. Si doveva votare il 16 dicembre. A fine novembre Berlusconi diede un calcio al tavolo e si riprese il suo.
Questa avventurosa storia parallela è finita appunto con il voto del 4 marzo, e si prepara a riavvolgere il nastro. Abbiamo visto le sezioni diventare circoli, i circoli diventare club, i club diventare occasionali aperitivi da Antonini e adesso probabilmente ci toccherà il percorso inverso, una solidificazione marmorea della politica dentro caserme piuttosto impenetrabili. Accompagnata da un interrogativo: questi nuovi partiti solidi, Lega e M5S, che rovesciando i consigli di Saint Exupery hanno radunato con successo gli uomini, diviso i compiti, impartito disposizioni, fatto tagliare la legna, e persino costruito la nave, ora che tutto è compiuto, sanno dove sta il mare? Hanno idea di dove vogliono andare?