Cinquestelle e leghisti ignoranti? Ma se è il Pd che ha sempre massacrato la Cultura

Molti intellettuali italiani non sono mai stati coinvolti in politica. Ed è stato un fiorire dei libri di Veltroni, Franceschini, Scalfari. E se questa è la "cultura" che abbiamo perso, meglio gli "ignoranti" grillini e leghisti.

Questo è un “colpa vostra”, un “biasimo”, senza alcuna inutile vanità. Ma è e resta un biasimo.

Sento, tra gli amici, tra i semplici conoscenti, tra gli sconosciuti ai quali mi accomunano determinati interessi, una sorta di orrore culturale per l’affermazione dei Cinquestelle e della Lega.

Vero, verissimo: essi, con la cultura, non hanno nulla a che fare. Epperò l’inverso non è altrettanto vero: non è altrettanto vero che la sinistra, il centro sinistra, o come volete chiamarlo, abbia con la cultura una dimestichezza che quelli non possiedono.

La questione è semplice.

Lasciando perdere le differenze antropologiche (non ne esistono, fidatevi, e meno male, ognuno di voi pensa di fare del bene per gli altri solleticando infine solo e soltanto la propria vanità) di differenze culturali dobbiamo parlare. Da una parte vi sarebbero gli ignoranti, dall’altra gente adusa alla lettura, alla scrittura. Niente di più falso.

Vero: i Cinquestelle e la Lega hanno quell’aria da enciclopedia a dispensa a casa, intonsa, dietro la vetrina, oggetto di arredamento insieme al centrino a uncinetto e alla gondola, sotto la quale stanno le tasse pagate, le multe pagate, la bolletta della spazzatura studiata con apprensione, il centesimo dell’accise fratto il “pronto legno”. Il centro sinistra sa invece di scaffalatura piegata sotto il peso pensono di romanzi letti, di saggi sottolineati, di sensibilità multietniche, di steppe. Eppure: quale rapporto ha avuto in questi anni il centrosinistra con la cultura? Siamo sicuri, cioè dire, che lo scaffale curvo e pensoso sia così diverso dalla vetrina con l’enciclopedia rilegata in elegante copertina plastificata? Sicuri?

Sicuri sicuri?

La politica dà alla cultura la possibilità di incidere sul mondo. Ma è una finta. In realtà vi hanno sempre impedito di farlo, vi hanno sempre impedito di contare. Non siete voi che vi siete rintanati nella torre d’avorio, è stata la politica a costruirvi intorno una torre d’avorio e a farvi pensare che la cosa fosse figa. Niente di nuovo: già tutto visto, già tutto “fatto” con la beat generation

Umberto Eco, Massimo Cacciari, Emanuele Severino (quanto sarebbe stato magnifico una lotta a morsi tra lui e i Concili Vaticani), ma anche lo stesso Alessandro Baricco, renziano fino all’ultima svoltina della camicia bianca. Perché costoro non sono mai stati coinvolti? Come ministri, come parlamentari, come ispiratori o consiglieri? (L’intellettualità renziana, negatelo, è stata rappresentata dall’osteria di Farinetti). E’ stato il centrosinistra ad allontanare la cultura di sinistra? O è stata la cultura di sinistra a non volersi mischiare con la politica di sinistra? E chi lo sa. Quello che dobbiamo, anzi che “dovete” registrare è una distanza, obiettiva, innegabile.

Il che, in sé, non sarebbe per nulla un male. Politica e cultura devono stare lontani, lontanissimi: la politica cerca consenso, la cultura non può, non deve mai farlo, pena la trasformazione da cultura in politica. Eppure, strisciante, da decenni, passa il pensiero che la cultura possa, debba essere politica. L’autore si eccita: il “potere” di cambiare il mondo, la poco, pochissimo studiata “volontà di potenza” che si impadronisce della scrittura.

Fregati.

La politica dà alla cultura la possibilità di incidere sul mondo. Ma è una finta. In realtà vi hanno sempre impedito di farlo, vi hanno sempre impedito di contare. Non siete voi che vi siete rintanati nella torre d’avorio, è stata la politica a costruirvi intorno una torre d’avorio e a farvi pensare che la cosa fosse figa. Niente di nuovo: già tutto visto, già tutto “fatto” con la beat generation.

E mentre la politica vi faceva credere che la cultura fosse anche “politica”, cosa alla quale voi annuivate, ecco che la politica si è messa a fare cultura al posto vostro. Ed è stato un fiorire di Franceschini, di Veltroni, mio Dio di Scalfari, delle interviste di Gnoli, o Dio mio le interviste di Gnoli, dei passaggi in Rai. Prima che la politica fregasse la cultura c’erano quegli splendidi libretti, stampati in proprio, copertine orribili con le faccione dei politici, inutili saggi di politica spicciola, che le grandi e prestigiose case editrici non avrebbero mai e poi mai preso in considerazione.

Politica e cultura devono stare lontani, lontanissimi: la politica cerca consenso, la cultura non può, non deve mai farlo, pena la trasformazione da cultura in politica

E invece, da quando la politica è cultura e la cultura è anche politica, la cultura è stata relegata a cortigiana. Mentre i Franceschini, i Veltroni, gli Scalfari, con le interviste di Gnoli, mio Dio le interviste di Gnoli, dei saggi non si accontentavano più. Si allargavano, conquistavano, ambivano alla Letteratura, all’Autorialità. Adesso, ditemi, questa cultura di Sinistra, questa narrativa di sinistra, questo storytelling di sinistra, dei Veltroni, dei Franceschini, degli Scalfari, delle – Dio mio – interviste di Gnoli, è una cultura superiore rispetto alla mancanza di cultura dei Cinquestelle e della Lega?

Cosa è meglio? Una vita vissuta dall’interno, sofferta, narrata al bar, pasoliniana, in presa diretta, con le improvvise rabbie, gli affetti, la lotta quotidiana, senza letture, quella quotidianietà dickensiana, hughiana, o quel culturame imitato, falso, atteggiato, vellutato a coste della sinistra o del centrosinistra intervistato – mio Dio – da Gnoli? Quale cultura rimpiangete, di quale mancanza di cultura vi lamentate, quando osservate i risultati elettorali della Lega o dei Cinquestelle? Quella di Veltroni? Quella di Franceschini? Quella di Scalfari? Quella delle – mio Dio – interviste di Gnoli? Quella che vi ha fatto credere che cultura e politica siano la stessa cosa (mentre la seconda cerca un consenso che la prima non dovrebbe mai cercare)? Quella che vi ha rinchiuso nelle torri d’avorio prendendo, di fatto, il vostro posto?

No, perché se è questa la cultura che vi manca, a me sembrano più “letterari” i Cinquestelle e la Lega. Quanto meno Dickensiani.

Se per voi Dickens è un “quanto meno”.

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