I giapponesi disegnano un pene sulla fronte di Gengis Khan, la Mongolia si arrabbia

Il fattaccio è avvenuto in un manga nipponico. Subito i cittadini mongoli residenti nel Paese del Sol Levante, offesi per l’insulto al loro antico condottiero, hanno sollevato la protesta, con marce, canti e giocatori di sumo

Nessuno tocchi Gengis Khan: sull’argomento i mongoli sono piuttosto permalosi. Lo si è visto dopo le lettere di protesta che hanno subissato la casa editrice giapponese Shogakukan Inc., colpevole ai loro occhi di aver disegnato il celebre condottiero in modo poco lusinghiero.

Sul punto, hanno ragione. In una delle immagini del manga incriminato, il “Yarisugi!!! Itazura-Kun”, appare disegnato un pene sul ritratto (meglio, sulla fronte) di Gengis Khan.

Ma come. Un affronto che, secondo i cittadini della Mongolia e della Regione Autonoma della Mongolia Interna (che si trova in Cina) va subito sanato, almeno con delle scuse ufficiali. Il condottiero “è un pilastro nel cuore delle persone di etnia mongola, ed è il nostro più importante oggetto di venerazione”, spiegano. E i giapponesi devono rispettarlo.

Non bastando i normali cittadini, che in un centinaio si sono presentati con striscioni e canti sotto la sede della casa editrice, nella protesta si sono schierati anche i giocatori di sumo mongoli (i quali, si sa, è meglio non contraddirli), inviperiti per quello che viene descritto come “un atto barbarico”, che “non può essere trascurato”. Non solo: al coro si è aggiunta l’ambasciata mongola (che pubblica un post durissimo su Facebook) e pure il governo del Paese. Un disastro.

Ma come è venuto in mente agli autori del manga di fare una cosa del genere? Si tratta, in realtà, della combinazione di due situazioni difficili da prevedere: la prima è un concorso di doodle in cui si invitava i lettori a fare un disegnino sulla fronte di Gengis Khan, la seconda è il fatto che in giapponese Gengis Khan si chiama “Chingisu Haan” (チンギス・ハーン) o “Chingisu Kan” (チンギス・カン). E in una vignetta di Yarisugi!!! Itazura-Kun il nome è scritto senza alcuni caratteri, con degli spazi mancanti da rempire. Il problema è che, così, la parola che si leggeva era “Chin Chin” (チン・チン), che significa, appunto, “pene”.

Come era da aspettarsi, la casa editrice si è profusa in seppuku non-cruento fatto di scuse continue, ritirando le copie incriminate e pregando tutte le istituzioni mongole di perdonare il loro errore. Nella speranza di placare, in questo modo, tutto quel can can. O, per restare in tema, quel khan khan.

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