Un buco nel cranio per guarire dal mal di testa. Questo rimedio, semplice ed efficace, è stato attribuito ai medici dell’antichità ma – va detto subito – non è vero. La leggenda nasce dai vari ritrovamenti nel nord dell’Africadi teschi trapanati che risalgono, nei casi più antichi, a 12mila anni fa. Una tradizione che prosegue anche nell’antica Grecia, e nei testi dello stesso Ippocrate si parla di trapanamenti per casi di epilessia o paralisi, o di esperimenti sugli animali (già allora). Ma per il mal di testa, non diceva nulla. Anche perché questo mito nasce più tardi, cioè nel 1902.
Proprio quell’anno il medico e studioso sir Thomas Lauder Brunton, esperto di emicrania, sostenne in un articolo del Journal of Mental Science che fosse abitudine degli antichi, per liberare la testa dagli spiriti maligni (che noi chiameremmo “mal di testa”), di praticare un foro per lasciarli uscire. Una ricostruzione molto suggestiva ma, purtroppo, fondata sul nulla. Questo non le impedì, come succede spesso, di prendere piede e diventare famosa. Tanto che, nel 1913, anche il medico americano William Osler la riprese e la rilanciò. Nel 1931 la confermò Wilson Parry. E nel 1932 (era prevedibile) venne praticata su una povera donna che soffriva di mal di testa. Funzionò? No.
Per fortuna, ebbe modo di verificare un altro medico, che seguiva la donna per curare alcune sue allergie, la cosa non la danneggiò troppo. Anzi, portò gli scienziati che studiavano il suo foro cranico, a concludere che i mal di testa fossero di natura vascolare (falso: con ogni probabilità sono di natura neurologica, anche se ancora si ignorano le cause e i meccanismi). In ogni caso fu un progresso, anche se di lato, degli studi scientifici sul fenomeno.