Anche se non vanno più per le strade a bruciarli, sembra che l’epoca dei tacchi alti stia per arrivare alla conclusione. Senza strepiti, proteste o rivendicazioni. Le donne, come dice questo articolo del Washington Post, li indossano sempre di meno.
I dati delle vendite, come dimostra la ricerca di NPD Group, sono in calo, almeno negli States: rispetto all’anno precedente, le vendite di scarpe con tacchi alti sono scese del 12% nel 2017. Non è una questione di mancanza di varietà, o di modelli diversi a seconda dei gusti (che, invece, sono tantissimi). Il fatto è che le vendite di sneaker femminili sono salite del 37%. E questo, sostengono, è una questione su cui ragionare.
A causarne il declino, spiega l’autorevole quotidiano americano, è un concorso di cause. Da un lato, sono sempre di più le donne che lavorano da casa, insieme a quelle che fanno commuting da casa al lavoro a piedi (solo a Washington questa percentale è salita del 12% nel 2012). Questo ha ridotto la percentuale di chi sta in ufficio, abbattendo l’obbligo della classica divisa semi-elegante da lavoro, cioè il tailleur con gonna e tacchi.
Un’esigenza di movimento che, sostengono alcuni, sarebbe anche dovuta agli incentivi (nudge, si potrebbe dire) ricevuti da tutte le app di corsa e di fitness, oltre che al bombardamento mediatico che promuove uno stile di vita più sano. Insomma, si cammina di più, si fa un po’ più sport, e di conseguenza si scelgono scarpe più comode. Ha senso, visto che, come dice Katie Smith, direttore del reparto analisi retail di Edited, “Cerchiamo di non stare sempre sedute, anche dopo il lavoro. Stiamo in piedi, facciamo le scale, camminiamo per andare a mangiare. Siamo sempre in movimento”
Non solo: a contribuire a questo fenomeno è anche la crescente “casualization” delle situazioni della vita quotidiana. Visto con gli occhi di un europeo, significherebbe “ci si veste peggio più a lungo”, ma per gli americani indica un rilassamento dei codici di comportamento e del vestiario in un numero sempre più alto di situazioni, compresa la vita sul lavoro.
Terzo motivo: la maggiore flessibilità delle vite delle donne americane. Si sta a casa, si lavora, si va a yoga, si curano i figli, si esce con il fidanzato/marito, si incontrano le amiche. Tante attività, e il modello multitasking esige, di conseguenza, una semplificazione del vestiario in nome della praticità: non ci si può cambiare di abito tre o quattro volte al giorno. Servono scarpe esportabili da una situazione sociale all’altra e allora le sneaker, a differenza delle scarpe con il tacco, funzionano per questo a meraviglia.
Infine, la moda. Anche l’industria, che da anni sta rilanciando le vecchie scarpe da ginnastica con modelli sempre più raffinati ed elaborati, ha contribuito a diffondere la calzatura e a sostituirla, man mano (o piede piede), agli altri modelli. La dimostrazione è arrivata proprio quando Melania Trump, da sempre sostenitrice di stiletti e tacchi a spillo, ha scelto per visitare gli alluvionati dall’uragano Harvey, anziché le amate Louboutin, un paio di comode sneaker.
Tutto questo non significa che i tacchi vengano aboliti per ragioni politiche. Nessuno, come detto all’inizio, va in strada a bruciarli: le scarpe ci sono ancora, nei guardaroba e nelle scarpiere, pronte per essere utilizzate. Solo, sono diminuite le situazioni sociali in cui è considerato giusto indossarle.
Ma attenzione: il casual non è un caso. Sotto a tutto questo ci sono le mutate condizioni lavorative, e di conseguenza le nuove abitudini quotidiane. Il mondo cambia, nuove possibilità si affacciano, nuovi codici si stabiliscono e tra le persone si instaurano altre etichette, un po’ diverse da prima. Ora, anziché l’eleganza, vige il mito della comodità (sofisticata, però). Può sembrare una scelta logica, ma è anche questa – forse proprio per questo, perché considerata “logica” – una scelta ideologica. Ma senza dubbio di segno diverso rispetto a quella che spinse alcune donne, decenni fa, a rinunciare ai tacchi. Battendo i piedi, non facendo yoga.