Ma quali soldi. Per motivare i dipendenti la cosa migliore è promettere pizze. Proprio così: meglio una margherita fumante, con pomodoro fresco e mozzarella gustosa, che un bonus in denaro. Sembra assurdo, ma è quanto dimostra la ricerca dello psicologo Dan Ariely, compresa nel suo libro Payoff, The Hidden Logic That Shapes Our Motivation, in cui indaga le contraddizioni della psiche in fatto di ricompensa e desiderio.
Come funziona la motivazione? Uno dei problemi dei capi (non da oggi, sia chiaro) è che spesso non sono in grado di fissare e proporre stimoli davvero interessanti per i colleghi e i dipendenti. Il motivo è semplice: si appoggiano a considerazioni razionali e fissano, per esempio, premi in denaro, come i bonus, pensando che possano bastare. Non è così: il cervello è complicato e il meccanismo di sacrificio e ricompensa è molto più imprevedibile di quanto non si pensi. In certi casi, addirittura, più che promettere soldi, funziona di più promettere cibo.
Il libro di Ariely considera la situazione di una fabbrica israeliana. All’inizio della settimana gli operai, divisi in gruppi, ricevono tre diverse promesse di ricompensa per migliorare la produttività. Al primo viene proposto un bonus di 30 dollari. Al secondo un feedback positivo da parte del capo e al terzo un buono per una pizza gratis. C’è anche un quarto, il gruppo neutro, a cui invece non viene promesso niente.
Ecco: al termine della settimana, quale gruppo ha lavorato di più? Quello della pizza, come era da aspettarsi, che ha aumentato la produttività del 6.7%. La prospettiva di un feedback buono funziona bene, ma meno della pizza, e registra un aumento del lavoro del 6,5%. E i soldi? Solo un aumento del 4,9 %. In conclusione, è evidente che essere apprezzati funziona più che essere pagati. I capi più furbi lo sanno. Quelli più furbi ancora, però, sanno anche che, sebbene decide tutto il cervello, è sempre lo stomaco il motore più efficace di tutti.