La disdetta dell’affitto di casa, tre valigie e decine di biglietti. Il primo volo sarà Milano-Londra-Miami, il 15 giugno. Da qui partirà il gap year, l’anno sabbatico, in giro per il mondo della famiglia Germiniani: Daniele e la moglie Laura, quasi 40enni; e i piccoli Tommaso (4 anni) e Martina (7). Un anno lontano da Milano, tra Ecuador, Perù, Bolivia, Cile, Australia, Singapore, Indonesia, Thailandia, Vietnam, Cambogia, Laos, India. E, se si riesce, anche un salto in Nepal. Tutto in quest’ordine.
«Dopo un percorso di vita consolidato, vale la pena mischiare le carte e vedere cosa ti riserva la prossima mano», dice Daniele. «Siamo una famiglia media, normalissima. Non vogliamo rivoluzionare la nostra vita, né fare gli hippy o insegnare qualcosa, se non trasmettere l’idea che uscire dalla comfort zone è più semplice di quello che si pensa».
Daniele, giacca e camicia, di lavoro fa il responsabile fundraising per una ong. Da adolescente aveva conosciuto una ragazza australiana che faceva il gap year e gli è sempre rimasto il pallino. La moglie Laura, invece, è ingegnere ferroviario. Lui è quello «con le idee strampalate»; lei la razionale della coppia. Quando l’anno scorso, il 15 giugno (la data di partenza non è casuale) Daniele dice “Avrei un’idea: perché non facciamo il giro del mondo?”, anziché ripiegare su un più semplice weekend in Liguria, Laura risponde a sorpresa “Mi sembra un’ottima idea”.
Poi è bastato proporlo ai bambini (assicurando che i loro giocattoli non sarebbero stati buttati nella pattumiera). E comunicarlo ai nonni (che a dire il vero non l’hanno presa subito benissimo). E infine dare il via all’organizzazione. In questo Laura è «fortissima». Sono mesi che prepara check-list e guarda tutorial su Youtube per ottimizzare lo spazio nelle valigie. Che saranno tre, non di più: due grandi e una più piccola. Un anno in tre valigie per quattro persone. C’è chi impazzirebbe, loro no.
In vista della partenza, Daniele e famiglia hanno venduto l’auto, disdetto il contratto d’affitto di casa, ma non quello del box. «La monovolume non ci serve più», dice Daniele, «però ci serve il box per mettere tutti gli scatoloni una volta svuotata la casa. Quando torneremo, ne affitteremo un’altra».
Daniele era pronto anche a licenziarsi prima di partire. «In realtà sono molto fortunato», racconta. «Quando sono andato dalla mia presidente a raccontarle del viaggio, ha detto: “Questa cosa mi sembra eccezionale”». E nonostante nel suo contratto non esista l’ipotesi di aspettativa per motivi personali, l’ha ottenuta comunque. “Per il lavoro che fai tu in realtà questo viaggio è un valore aggiunto”, gli hanno risposto dalla ong. E già che c’è, la famiglia andrà a vedere con i suoi occhi, e quelli dei suoi bimbi, i progetti che l’organizzazione ha in corso in alcuni dei Paesi che visiteranno. «L’idea», dice Daniele, «è quella di far capire ai miei figli come funzionano contesti diversi da quello della piazzetta che abitano tutti i giorni». Per Laura è stato più semplice: lavorando in un team piccolo e molto unito, è basta comunicarlo e dire: “È come se fosse un’altra maternità”. E già che c’è anche lei farà qualche visita alle infrastrutture di Singapore, e ha già prenotato i biglietti per viaggiare sui famosi treni vietnamiti.
Anche con le scuole dei bambini non hanno avuto problemi. Tommaso farà l’ultimo anno di materna in giro per il mondo (non male, eh?), e l’asilo ne approfitterà per seguire anche con gli altri bambini un percorso didattico sul viaggio. Martina, che a settembre comincerà la terza elementare, farà educazione parentale, con l’aggiunta di collegamenti via Skype con i compagni di classe lungo le sue tappe. E l’organizzatissima mamma ha già trovato una scuola nella foresta, che frequenterà nel mese in cui si fermeranno a Bali. «Abbiamo buttato la palla e abbiamo scoperto una rete sociale entusiasta di quello che andremo a fare», raccontano.
Potevamo scegliere tra il comprare una bella macchina tedesca o fare il giro del mondo. I costi sono equiparabili: stiamo parlando grossomodo di 50-60mila euro. Se avessimo comprato una macchina tedesca, ci avrebbero detto “Bella macchina, complimenti”. Fai questa cosa sembri il più matto dei matti
Il Natale lo passeranno in Thailandia. Dove con molta probabilità li raggiungeranno anche nonni e amici per festeggiare insieme. Di sicuro lungo il percorso c’è anche una discesa di 500 chilometri in battello lungo il Mekong, la festa dei colori in India, qualche settimana in una casetta alle Galapagos, due mesi e mezzo in camper in Australia e un giro in fuoristrada nel deserto di Atacama («Questo è ancora da concordare con Laura, in realtà», scherza Daniele).
«Tutto a costi limitati», assicurano. «Potevamo scegliere tra il comprare una bella macchina tedesca o fare il giro del mondo. I costi sono equiparabili: stiamo parlando grossomodo di 50-60mila euro. Se avessimo comprato una macchina tedesca, ci avrebbero detto “Bella macchina, complimenti”. Fai questa cosa sembri il più matto dei matti. In realtà basta mettere insieme il risparmio dell’affitto, la vendita della macchina e rientri».
Daniele, Laura, Tommaso e Martina terranno traccia del loro viaggio online, ma senza esagerare. Sarà anche la scusa per disintossicarsi da Internet. E apriranno un blog dal titolo “I ragazzi stanno bene”. «Che è la domanda che ci fanno tutti. Però è la domanda che ci facciamo anche noi», dice Daniele. «Ci saranno i momenti di sconforto e anche quelli in cui noi stessi ci chiederemo “Chi ce l’ha fatto fare?”. Sarà anche una grande prova di adattamento».
Una cosa è certa, dicono: «Non c’è nessuna voglia di fuggire dall’insoddisfazione o dalla routine. La nostra vita ci piace e torneremo, magari più ricchi e un po’ cambiati». Daniele ricorda, con una citazione, che “viaggiare è uno strofinarsi di cervelli”. E la famiglia Germiniani ne incontrerà tanti in tre continenti diversi. «Non ho fatto prima il gap year, lo faccio adesso», dice.
Durante il viaggio, Martina festeggerà chissà dove il suo ottavo compleanno, mentre Daniele e Laura spegneranno 40 candeline. «Perché aspettare la pensione per fare il giro del mondo? Chissà se e quando ci andremo», dicono. «Abbiamo detto “facciamolo adesso”, in questo momento in cui i ragazzi sono bambini, hanno ancora voglia di stare con il papà e con la mamma e il papà e la mamma non riescono a starci tanto a lungo quanto vorrebbero. Creiamoci questo tempo per noi, questa bolla, per noi quattro. Sarà qualcosa che rimarrà per sempre nostra».