Alitalia, gli sprechi non finiscono mai: 2 milioni di euro di divise finiranno nella pattumiera

L’azienda in amministrazione straordinaria ha rifatto le divise dopo soli 18 mesi. Ora restano oltre 2 milioni di magazzino. Di cui 1 milione della Egv1, l’azienda produttrice che così ha visto andare in fumo i suoi investimenti

Scatole su scatole, accatastate una sull’altra. E dentro gonne, giacche, collant, foulard, camicie, guanti, berretti e pantaloni delle (ormai ex) divise rosse e verdi di Alitalia, quelle tanto criticate scelte dagli emiri di Etihad. Capi per un valore di oltre 1 milione di euro, ammassati nel magazzino della Egv1, l’azienda di Gallarate, nel varesotto, a cui era stata appaltata la produzione. E altrettanti capi si trovano nell’hub romano della ex compagnia di bandiera. «Per un totale di circa 2,2 milioni di euro in divise che, con molta probabilità, finiranno nella pattumiera», spiega Valerio Fumagalli, amministratore delegato della Egv1. Visto che Alitalia, in pieno commissariamento, con i lavoratori in cassa integrazione straordinaria (quella pagata dai contribuenti, per intenderci) e un prestito statale da 900 milioni, nel novembre 2017 – a soli 18 mesi dal precedente restyling – ha deciso di cambiare ancora le divise per i suoi 7mila dipendenti. Un total look nuovo di zecca disegnato da Alberta Ferretti, per un costo che ai aggira intorno ai 6-7 milioni di euro. Il tutto avvenuto stralciando il contratto con la Egv1, che ora si ritrova 1 milione di investimenti andati in fumo e 15 dipendenti che, con una perdita del genere, rischiano di restare a casa.

L’azienda a pochi passi dall’aeroporto di Malpensa, con un fatturato di 7-8milioni, da vent’anni confeziona divise per le aziende. Uffici e sale riunioni sono affollate di prototipi di uniformi di hostess e steward e divise sportive. La commessa di Alitalia arriva a febbraio 2016. Valore totale: 15 milioni di euro per circa 220mila capi, e una durata di cinque anni (fino al 2021). A una condizione: che l’azienda mantenga sempre un magazzino da 1 milione di euro circa, per sostituire anche di fretta i capi usurati e sgualciti di chi sale e scende dagli aerei (esiste una durata prevista per ogni capo: le camicie, ad esempio, hanno per contratto una vita di 2-3 mesi). Cosa che Fumagalli ha garantito, fornendo anche delle macchinette distributrici di collant per le hostess che ne abbiano bisogno all’ultimo momento. Alla scadenza del contratto, l’azienda avrebbe assorbito il magazzino restante della Egv1. Tutto firmato e sottoscritto. «In azienda sono passati tutti i dipendenti di Alitalia con base a Milano per provare le taglie delle divise. Parliamo di circa 2mila persone», racconta Fumagalli.

Fino alla primavera del 2017, un anno fa. Il 24 aprile i lavoratori di Alitalia respingono con un referendum il pre-accordo sul nuovo piano industriale (che prevedeva un investimento di 2 miliardi di euro), l’azienda presenta istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e nello stesso giorno (2 maggio) in tempi record arriva il decreto legge che concede il prestito ponte pubblico e nomina i tre commissari. Soltanto l’11 maggio il Tribunale di Civitavecchia dichiarerà poi ufficialmente lo stato di insolvenza della compagnia.


Alitalia, in pieno commissariamento, ha deciso di cambiare ancora le divise per i suoi 7mila dipendenti. Un total look nuovo di zecca disegnato da Alberta Ferretti costato 6-7 milioni di euro. Il tutto avvenuto stralciando il contratto con la Egv1, che ora si ritrova 1 milione di investimenti andati in fumo. Più un altro milione di magazzino di Alitalia, che presto sarà carta straccia

A questo punto tutti gli impegni con i fornitori svaniscono nel nulla. Dalle fatture ai contratti, quello che è precedente all’istanza fallimentare viene congelato, a discrezione dei commissari. I fornitori, dalla pulizia al catering, restano così scoperti per un totale di 1,4 miliardi di euro. Alla Egv1 rimane una fattura non pagata da 247mila euro. Ma l’azienda di Gallarate all’inizio viene “salvata” dai commissari. «A metà maggio del 2017 ci hanno confermato il contratto alle stesse condizioni, senza richiesta di sconti. E così abbiamo continuato a produrre», racconta Fumagalli, che tira un sospiro di sollievo e prosegue con l’emissione delle fatture. Nel 2017 da Alitalia arrivano ordini per 850mila euro. Di cui quasi il 70% di produzione ex novo.

Nel frattempo, la Alitalia commissariata, per venire incontro alle richieste del personale, a maggio 2017 prende anche un’altra decisione “campale”: le hostess devono cambiare il colore delle calze per la stagione estiva, da verdi e bordeaux a color “daino”. Dalla Egv1 si adattano subito e rinnovano il parco collant. Costo: 43.961 euro. Tutto, è bene ricordarlo, mentre l’azienda – come documentato da Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano – perdeva e perde 2 milioni di euro al giorno. Mentre i contribuenti italiani pagano la cassa integrazione per i suoi dipendenti.

Passa qualche mese e a novembre 2017 Alitalia comunica che i dipendenti vestiranno una nuova divisa firmata Ferretti. A Gallarate lo apprendono da un comunicat stampa. La scelta, si legge nel comunicato, «è stata presa anche per venire incontro alle numerose richieste provenienti dal personale operativo, con il proposito di migliorare il benessere e la qualità del lavoro di chi le indossa tutti i giorni». Le divise rosse e verdi firmate da Ettore Bilotta erano state più volte criticate dai dipendenti perché troppo scomode e calde. «Bastava anche solo sistemare qualcosa, allegerire i tessuti», spiega Fumagalli. «E invece un’azienda fallimentare sceglie di spendere altri 6,5 milioni per una nuova divisa dopo che erano passati solo 18 mesi dall’introduzione dell’ultima».

Il 29 gennaio 2018 si fa la nuova gara. La Egv1 viene invitata, prepara i prototipi in meno di un mese. Si fanno incontri a Roma, ne fissano altri con la stilista, che però saltano. Non si sa nulla per un po’ di tempo. Fino al 22 marzo scorso, quando tramite posta certificata arriva da Alitalia la disdetta del contratto con la Egv1. E a seguire un’altra lettera in cui si dice che la gara per produrre le nuove divise non è stata vinta dall’azienda di Gallarate. «E ora cosa ne faccio del magazzino con le vecchie divise?», si chiede Fumagalli. «Così come è scritto nel contratto, loro dovrebbero acquistare tutto quello che resta. Parliamo di 1 milione di euro di merce. Qui giù io ho vent’anni d’azienda, ci pago le tasse su quella roba lì. Non sono giacche qualsiasi che vendi a chi vuoi: cosa ci posso fare? Ho chiesto più volte delucidazioni all’azienda, senza ricevere risposta. Tutti fanno i ragionamenti sui dipendenti di Alitalia, ma quante aziende dell’indotto hanno chiuso in questi anni a causa degli ultimi due fallimenti della compagnia?».

La Alitalia commissariata, per venire incontro alle richieste del personale, a maggio 2017 prende anche un’altra decisione “campale”: le hostess devono cambiare il colore delle calze per la stagione estiva, da verdi e bordeaux a color “daino”. Costo: 43.961 euro


Dalla Egv1 intenteranno di certo una causa, assicurano i legali. Le nuove divise Alitalia sarebbero dovute arrivare negli armadi dei dipendenti entro l’estate. L’accordo per il nuovo look in effetti pare rientrasse nei negoziati con Lufthansa. Ma poi non si è concluso nulla. E senza un governo a Roma, è tutto rinviato: chiesta la proroga della cassa integrazione e anche della restituzione del prestito ponte. Con i costi pubblici del commissariamento che continuano a lievitare. Nel frattempo, però, la stessa azienda in crisi sta anche pensando al rifacimento delle lounge con le poltrone blu firmate Frau. Tanto da fare ipotizzare che un tocco di blu ci sarà anche nelle nuove uniformi del personale.

Se tutto va bene, le nuove divise da 6,5 milioni di euro dovrebbero arrivare in autunno. Per andare avanti nei prossimi mesi estivi, i dipendenti di Alitalia adatteranno le taglie rimaste nel loro magazzino, quello da 1 milione di euro detsinato a essere carta straccia. Se quindi quest’estate vedrete uno steward con una giacca troppo larga o troppo stretta, ora sapete perché.

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