Ha un quinto degli abitanti del Molise ed è grande otto volte la Germania. E adesso va a votare, in una sessione di elezioni anticipate (come in Turchia) per decidere il prossimo governo. In questo mondo al contrario che è la Groenlandia, poi, la cosa più strana è che la sfida si giochi tra sinistra e sinistra. Non è vero che le idee socialiste siano sparite dall’Europa. Si sono solo spostate un po’.
Per i 40mila scarsi chiamati al voto (su una popolazione di 56mila) si dovrà scegliere tra ben sette partiti, chiamati a formare un Parlamento di 31mila persone (comunque più di un Comune italiano di 100mila abitanti, dopo la riduzione del 2011). Ma secondo i sondaggi i più avvantaggiati sono due: il primo è il Siumut, partito socialdemocratico già al governo dal 2014 e guidato dal primo ministro uscente Kim Kielsen, ex ufficiale della polizia locale; il secondo è l’Inuit Ataqatigiit, anche questo di sinistra, più radicale e separatista e guidato da Sara Olsvig. Sarà un testa a testa.
Intanto il Paese continua a scivolare nella depressione economica. Non hanno fondi, non hanno strutture economiche, non hanno nemmeno un aeroporto internazionale (per cui: pochissimi turisti). Certo, rispetto agli anni ’90 le cose sono un po’ migliorate ma il Paese si affida alla pesca (halibut e gambero) e sogna ancora i finanziamenti per le attività estrattive. Nel suo sottosuolo, oltre allo zinco e al piombo dovrebbe trovarsi anche petrolio, uranio e terre rare (che tanto rare, poi, non sono).
La loro unica speranza, pare, è l’arrivo di investitori internazionali e il distacco dalla Danimarca. Votano anche per questo.