Disse Alcide Cervi, appresa l’uccisione dei suoi sette figli “dopo un raccolto ne viene un altro. Ma il raccolto non viene da sé, bisogna coltivare e faticare, perché non vada a male.”
La semina è un’antica attività dell’uomo proiettata sul futuro; la memoria, per ragioni ontologiche, si rivolge al passato. L’espressione “seminare memoria” potrebbe sembrare un ossimoro, eppure occorre partire da qui per illustrare le ragioni dell’iniziativa che le Fim Cisl di Lombardia e Piemonte hanno promosso il 19 aprile 2018 per fare memoria dell’Olocausto e della Resistenza presso il Memoriale della Shoah, luogo simbolo da custodire e visitare che ci ricorda la vergognosa complicità italiana alla deportazione degli ebrei che da lì partivano per un viaggio, troppo spesso, di sola andata verso Aushwitz. Sorte che toccò la Senatrice Liliana Segre che, a differenza del padre, riuscì a tornare dall’inferno e che onorerà i metalmeccanici, e gli studenti che saranno presenti, di un saluto.
Per la Fim Cisl, solidarietà, giustizia sociale, antirazzismo e antifascismo sono cardini valoriali e scelte di campo da rinnovare, ogni giorno, con l’impegno e l’esempio, a maggior ragione oggi, quando populismo e approssimazione sembrano impantanare la possibilità di rilancio del nostro Paese.
A riannodare i fili della Storia l’intervento di Adelmo Cervi, figlio di Aldo, uno dei sette fratelli uccisi dai fascisti nel 1943, Dario Venegoni, figlio di partigiani, e Presidente dell’Associazione Nazionale ex deportati e Marco Bentivogli, Segretario Generale Fim Cisl.
In ogni attività umana, la costruzione di un’ideale biblioteca della memoria storica è essenziale per evitare di ricominciare sempre daccapo, facendo tesoro dell’ammonimento di Primo Levi “tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”.
La memoria della Shoah è un patrimonio inestimabile dell’umanità, il dna della dignità della persona e del diritto naturale; nessuna nazione civile può permettersi il lusso di ripercorrerne la tragica strada per trarne gli essenziali insegnamenti che ne sono derivati.
Lo stesso dicasi per la Resistenza, atto eroico e coraggioso che ha generato la nostra Repubblica, patrimonio collettivo da custodire e sottrarre a contese per accaparrarsene proprietà e primogenitura che finiscono con lo smontarne la portata storica e il farci dimenticare del fronte larghissimo che raccolse: comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, monarchici, liberali, repubblicani, anarchici e perfino il Fronte dell’Uomo Qualunque; tutti disposti a mettere da parte gli interessi di bottega per ricercare unità su valori e obbiettivi comuni e più alti.
Oggi, i partiti dovrebbero far tesoro di quell’esempio invece di perdersi in inutili esercizi autocelebrativi per evidenziare elementi divisivi, da etichettare come migliori, rinunciando a trovare convergenze che mettano al centro progettualità collettiva e bene comune.
Il lavoro ha avuto un ruolo centrale anche nella Storia della Resistenza quando centinaia di operai contribuirono alla cacciata del nazifascismo riorganizzando il Sindacato democratico nelle fabbriche, ostacolando con scioperi e sabotaggi la produzione bellica e contribuendo a riannodare la cultura tra le persone, pagando un elevato prezzo come gli 11 delegati sindacali della Franco Tosi di Legnano deportati a Mauthausen che ogni anno, da allora, il Sindacato ricorda e ringrazia
Il filo rosso resta, in definitiva il lavoro.
Nei lager nazisti, chiamati “campi di lavoro”, abbiamo conosciuto la forma più disumana del lavoro, quello che annienta la persona nella sua interezza e che si prende gioco della sua dignità, a partire dalla sconcia frase all’ingresso di Auschwitz, “il lavoro rende liberi”. Lì, la battaglia quotidiana per restare umani è stata anche un fatto di cultura acquisita e di competenze di lavoro.
Il lavoro ha avuto un ruolo centrale anche nella Storia della Resistenza quando centinaia di operai contribuirono alla cacciata del nazifascismo riorganizzando il Sindacato democratico nelle fabbriche, ostacolando con scioperi e sabotaggi la produzione bellica e contribuendo a riannodare la cultura tra le persone, pagando un elevato prezzo come gli 11 delegati sindacali della Franco Tosi di Legnano deportati a Mauthausen che ogni anno, da allora, il Sindacato ricorda e ringrazia.
La cultura è l’elemento da cui dover ripartire, proprio come fecero i fratelli Cervi, in piena guerra, realizzando una biblioteca clandestina per iniziare a preparare il terreno per la ricostruzione del Paese.
Cultura, partecipazione, consapevolezza sono gli ingredienti per contrastare i populismi, tanto più fecondi quanto più il contesto è arido, e per evitare che i rigurgiti di quel passato possano, anche in modi diversi, prendere piede nuovamente.
Per questo è opportuno per la Fim Cisl, aprirsi ai giovani e ragionare insieme a studenti e scuole per realizzare iniziative di impegno e custodia della Memoria, da rinvigorire ogni anno, aspetto fondamentale quanto più ci allontaniamo da quel periodo perdendo anche i testimoni diretti di allora.
Tutti compiti dal quale il Sindacato, mai indifferente, non può sottrarsi, unica istituzione, assieme all’associazionismo, in grado di aggregare le persone, in un’ottica collettiva capace di generare un futuro per il quale valga la pena impegnarsi.
“Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono”, è questa l’eredità che Primo Levi ci lascia all’interno de “La chiave a stella” e che abbiamo trasformato nell’impegno perché le persone possano realizzarsi nel lavoro, unica via a un pieno diritto di cittadinanza.