Basta soldatini, vogliamo figli creativi: e a New York va di moda il metodo “Reggio Emilia”

Nelle migliori case di Brooklyn e Manhattan i vecchi metodi di insegnamento per l’infanzia non vanno più di moda. Molto meglio un approccio elaborato in Italia nei primi anni del Dopoguerra

È l’ultima moda dei quartieri creativi e liberal di New York, vera e propria ossessione dei genitori un po’ hipster e un po’ innovativi di Manhattan e Brooklyn: il metodo educativo Reggio Emilia. Basta con le scuole che insegnano ai bambini a leggere a contare a due anni: è un approccio arido e soprattutto pericoloso. I bambini non crescono e maturano in modo uguale (è cosa ormai nota) e alcuni non sono pronti come altri a memorizzare segni e suoni. Meglio che segua i suoi interessi.

Il metodo, elaborato nel Dopoguerra dall’educatore reggiano Loris Malaguzzi, prevede che il bambino impari da solo, seguito da insegnanti e genitori, quello che deve sapere. Le metodologie non sono predisposte, non c’è nessun percorso stabilito: ciò che un bambino sa è il frutto della sua ricerca e delle sue esperienze di conoscenza. È un modo per diventare creativi e, al tempo stesso, avere un rapporto reale con le cose. Cosa si potrebbe chiedere di più?

Questo percorso era, a suo modo, un riflesso del clima generale di volontà di rottura con il passato e di ricostruzione della società, mentalità che dovevano imparare tutti fin da piccoli. Poi, con gli anni, si è diffuso in tutto il mondo ed è arrivato, intorno agli anni ’80, anche nel Nuovo Mondo.

Certo, se a Reggio Emilia il metodo era stato concepito, in origine, per venire incontro alle famiglie in difficoltà, a New York, oggi, se lo possono permettere solo i più ricchi. È una nuova hype che va da 25mila fino a 50mila dollari all’anno, che i genitori premurosi (e danarosi) della Grande Mela non possono perdersi.

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