Come si beve la grappa, spiegato a chi pensa che sia come un amaro

Sorbire la grappa è un’arte: richiede attenzione, gusto e intelligenza. Tutte virtù che, di questi tempi, risultano molto difficili da trovare

Va bene che, tra governi che non vedono il panettone e altri che non cominciano neanche gli antipasti, arrivare all’ammazzacaffè è quasi un’impresa da eroi. Chi ce la fa, visti i tempi difficili, è probabile che preferisca la grappa anziché l’amaro. Si manda giù per tenersi su. Ma ci vuole attenzione.

La grappa, sia chiaro, non si beve così come viene: degustarla è un’arte. Prima di tutto, occorrono gli strumenti giusti. Se è giovane, va bene il classico “tulipe” (così chiamato perché richiama, guarda caso, la forma del tulipano) ma se è invecchiata ci vorrà qualcosa di più capiente, come un bicchiere da cognac. O, in alternativa, un bicchiere da vino.

Dopodiché, la tecnica. Il bicchiere va riempito per un quarto (non di meno, non di più) e poi – questa è la parte fondamentale – messo da parte ad aspettare. Almeno un quarto d’ora, di sicuro: alcune grappe richiedono addirittura un’ora. Insomma, niente di più sbagliato del grappino offerto e bevuto al volo, soprattutto se si offre grappa di qualità.

In questo periodo di tempo la grappa diventa un po’ più scura, perde le sue note più alcoliche (che vanno a colpire l’olfatto) e diventa ottima per essere degustata. Pochi sorsi, ben sorbiti e assaporati. E anche il governo più indigesto va giù.

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