È una parola nota tra gli esperti di alchimie elettorali che prima o poi diventerà patrimonio comune. Meglio essere preparati e sapere tutto, o quasi sul “gerrymandering”, soprattutto la sua pronuncia.
Questa bizzarra parola definisce l’atto di ridisegnare i collegi elettorali in modo non omogeneo, fatto proprio per favorire una delle parti in gioco. È bizzarra perché rappresenta la fusione tra “Gerry”, cioè il nome di Elbridge Gerry, importante politico americano che aveva ridefinito i collegi del Massachussets, e “salamander”, cioè la salamandra. Il gioco di parole era semplice e risulto molto efficace: quello che Gerry aveva appena fatto era un mostro, una salamandra elettorale.
Ma come si pronuncia questa parola? All’apparenza la “g” è dolce, come quella di giacinto, gioco e gelato. Così almeno dicono gli espertoni, tra cui vari dizionari e perfino un ex presidente americano (quale? Non si dice. Unico indizio: è nero). Il problema è che sbagliano tutti.
“Gerrymandering” si pronuncia con la “g” dura, che in italiano è scritta “gh”. Non lo dice LinkPop, ma lo dice il Wall Street Journal e, soprattutto, lo dicono i discendenti di Elbridge Gerry, che passano la vita a correggere tutte le persone che incontrano e che sbagliano sia il loro cognome che la parola “gerrymanderin”.
“Ci chiamano Gerry, come se fosse con la “j”, ma, va pronunciata con la “g” dura”. E non solo: ogni volta “do anche loro qualche piccola lezione di storia”. Alla fine, spiega, “tutti cominciano a dirlo come devono. Perché lo dico con autorità”.