Li osservo, in palestra, per ore. Mi soffermo nella sala pesi con la scusa di allenarmi anch’io. Spingo al minimo per non stancarmi. Fingo di ascoltare la musica in cuffia, ma intanto li spio. I maschi, mentre si allenano ai pesi, alle macchine e ai tappeti, hanno uno sguardo limpido, beato, quasi estatico. L’espressione di chi, una volta alleggerito cuore e cervello dalle preoccupazioni terrene, si dedica alla meditazione. Mentre sollevano pesi inauditi lanciando brevi gridi di dolore misto a piacere, si guardano allo specchio e sorridono lieti ai propri corpi gonfiati, lucidi, sudati e tatuati, stretti in tute fashion che fanno risaltare i muscoli. I beati narcisi conversano amabilmente tra loro, di tanto in tanto, asciugandosi il sudore e sorseggiando l’integratore di turno, privo di zuccheri.
L’Argomento di conversazione che unisce intellettuali, poliziotti, atleti, impiegati e commercianti in sala pesi non è la politica, né la “figa” (bei tempi quelli della figa!), né il tempo o lo sfascio di Roma, ma solo e soltanto il calcio (‘a Roma, ‘a Lazio). Ogni tanto si scaldano. Lo capisci da come abbandonano per un attimo i pesi e si avvicinano al compagno. Finalmente scorgi una luce negli occhi, un’emozione sconquassante che mina l’ineffabile l’equilibrio. Ci siamo. Ecco che la Questione Palestinese li agita e li divide, penso. Ma mi sbaglio di grosso. Il tema è sempre Quello. Il laziale al romanista: “Noi daa lazio no’ le famo ste tarantellate…”; il romanista al laziale: “Semo daa roma, a fracichi!” Ridono, non sono rancorosi. Sono lieti .Si scambiano pacche sulle spalle, saluti machi di fratellanza ( pugno contro pugno) e tornano ad allenarsi.
L’Argomento di conversazione che unisce intellettuali, poliziotti, atleti, impiegati e commercianti in sala pesi non è la politica, né la “figa” (bei tempi quelli della figa!), né il tempo o lo sfascio di Roma, ma solo e soltanto il calcio (‘a Roma, ‘a Lazio)
Le donne (giovani o meno) al contrario, mentre si allenano nella palestra rionale, si guardano raramente allo specchio. Temono incontri ravvicinati con pance, culi, rughe e celluliti. Tengono lo sguardo basso. Le vedi spesso pensierose. Si capisce che piegamenti, crunch e pilates non sono sufficienti ad arginare le preoccupazioni quotidiane. Figli, nipoti, mariti, spesa, anziani, lavoro, soldi, accompagnamenti vari, menopause, malattie altrui. Se poi l’occhio cade sul gluteo cadente, distolgono in fretta lo sguardo sia che siano belle sia che siano brutte.
Ma una volta negli spogliatoi si rianimano. Discorrono di libri, cucina, nipoti, amore e cinema. Si scambiano consigli e ricette, si consolano a vicenda, discutono di politica e di soluzioni impossibili per salvare Roma. Ridono salendo su bilance impietose. Ingrassiamo? Invecchiamo? Amen. Il fatto è che noi donne siamo terrene, concrete, imbevute di realtà. Ansiose. Non potremo mai raggiungere il benessere calmo e inespressivo dei compagni maschi quando si concentrano sull’azione. Datemi retta donne, andate in palestra, non per fare sport, ma per osservare da vicino i novelli narcisi e imparare ad essere Zen. Tranquille, non vi guarderanno culi e tette, non vi corteggeranno. Le femmine sono il loro ultimo problema.