Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma recita la teoria della legge della conservazione della massa. Di fatto è quello che è accaduto anche in questa penultima giornata di Serie A, dove l’unico risultato certo è la Juventus definitivamente, matematicamente – e aggiungerei irrimediabilmente e meritatamente – la vincitrice dello scudetto. Il settimo consecutivo, il quarto di Allegri. Sponda Napoli, che vince a Genova contro la Samp, arriva la punzecchiatura di Sarri che dice di non essere convinto che abbiano vinto i più forti ma sicuramente i più potenti. Come a dire che sul campo, ed è un dato di fatto, Napoli e Juventus, tra di loro, hanno pareggiato nei due scontri diretti e che grazie a un fatturato maggiore e a un’attenzione mediatica e arbitrale superiore la squadra bianconera ha vinto anche quest’anno. Caro Sarri, se lo metta in testa, anche quest’anno lo scudetto lo vince l’anno prossimo, forse. Perché ‘sto ciclo di vittorie non so se è destinato a fermarsi nel breve periodo: serve uno squadrone vero di 20 giocatori, non i soliti undici su cui contare per impensierire la Vecchia Signora.
Ma torniamo alla penultima giornata che ci ha messo in chiaro una cosa: l’ultimo posto per andare in Champions League lo si giocherà settimana prossima tra Lazio e Inter (perché la Roma si è garantita il terzo posto con il pareggio contro la Juventus). L’Inter, invece, si è suicidata sportivamente contro il Sassuolo, perdendo 2-1 a San Siro. Per fortuna di Spalletti a Crotone c’è un allenatore che ama l’Inter, quei colori, quella maglia, quella storia, perché di quella storia ne ha fatto parte. Walter Zenga, detto l’Uomo Ragno dalle parti del Meazza, ha regalato una partitona ai suoi tifosi calabresi continuando a sperare nel sogno salvezza, pareggiando per 2-2 contro una Lazio senza fantasia ma anche orfana di Luis Alberto e Ciro Immobile, due dei giocatori più talentuosi e importanti della squadra biancoceleste. Contro l’Inter, probabilmente, mancherà anche De Vrij. Il centrale olandese ha già firmato per la squadra nerazzurra il prossimo anno e Inzaghi vuole evitare qualche imbarazzo al calciatore. Sarà la scelta giusta? Dopo una cavalcata di trentasette giornate del massimo campionato lasci il tuo leader difensivo in panchina per paura che possa avere remore nel fare interventi onesti e sportivamente corretti o che possa impegnarsi meno di quando possa fare contro altre squadre?
Se fosse davvero questa la motivazione ci sarebbero da fare due conti sulla professionalità di un giocatore che alleno quotidianamente. È quasi offensiva come scelta tattica. Sarebbe come dire a De Vrij, per evitare che tu possa favorire la tua prossima squadra ad andare in Champions League la prossima stagione io non ti faccio giocare. Solo una mentalità italiota così malpensante potrebbe partire un ragionamento del genere. Da sportivi, addetti ai lavori, amanti del calcio, dovremmo augurarci che De Vrij giochi e dia, come sa fare, il suo meglio per dimostrare che si merita davvero una piazza come quella di San Siro, senza nulla togliere alla Lazio che è storicamente una società leggermente più modesta dell’Inter come blasone e storia. Lì, parlano i numeri. E a proposito di numero questa ultima giornata ricorda molto quel famoso 5 maggio del 2002. Qui non c’è lo scudetto in palio per l’Inter ma la qualificazione alla prossima Coppa dei Campioni. Stesso identico obiettivo della squadre del presidente Lotito.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma recita la teoria della legge della conservazione della massa. Di fatto è quello che è accaduto anche in questa penultima giornata di Serie A, dove l’unico risultato certo è la Juventus definitivamente, matematicamente – e aggiungerei irrimediabilmente e meritatamente – la vincitrice dello scudetto
Due squadre che si contendono il quarto posto, due squadre che hanno dimostrato di giocare in modi differenti e capaci di arrivare al gol con strategie differenti. Entrambe con bomber di razza che hanno trainato la carretta per tutto l’anno, da una parte Immobile – che come detto non riuscirà a giocare la partita più importante dell’anno, dopo il derby (forse) – e dall’altra Mauro Icardi. Da una parte l’organizzazione spallettiana, dall’altra il cinismo offensivo di Inzaghi. È proprio Inzaghi che tra tutti, anche quest’anno, ha dimostrato di essere un allenatore di altissima qualità. È vero alti e bassi hanno condizionato in molti casi la stagione nei suoi punti più importanti, come la sconfitta contro il Salisburgo in Europa League o come contro la Juventus – gol di Dybala nei minuti di recupero – o ancora la sconfitta a San Siro contro il Milan di Gattuso. Momenti che hanno condizionato un’ascesa che avrebbe potuto far lottare la Lazio per il terzo posto. Gli stessi rammarichi potrebbe giocarseli anche l’Inter che per quasi due mesi non riusciva a trovare la gioia dei tre punti in maniera continuativa dopo un avvio di stagione che ha fatto sperare i tifosi nerazzurri e ha smosso gli addetti ai lavori a pensare che l’Inter potesse essere la vera candidata ad affrontare Juventus e Napoli. Be’, nonostante un super Icardi non è stato così. E meno male che a metà stagione l’arrivo di Rafinha e il risveglio di Joao Cancelo hanno donato alla squadra di Spalletti più velocità, più tecnica, più qualità e visione. Due giocatori che dovessero essere confermati anche per il prossimo anno – mancano le conferme ma la trattativa per Rafinha sembra avviata e indirizzata al pagamento dell’intera clausola che ammonta a circa 35 milioni di euro mentre per Cancelo l’Inter si vuole giocare la carta Kondogbia – alzano la base del tasso tecnico in maniera esponenziale. Riuscire a ripartire da una base così solida e consolidata, e in più con un posto in Champions League, potrebbe davvero cambiare le carte in tavola.
“Perché siamo due destini che si uniscono che segnano un percorso profondissimo dentro di loro superando quegli ostacoli. Se la vita ci confonde solo per cercare di essere migliori” cantavano così i Tiromancino nel 2000. Ed è proprio in quella stagione che la Lazio vince il suo secondo scudetto nella storia. Quella era una squadra incredibile con giocatori di qualità eccelsa come Nesta, Veron, Salas, Nedved e poi Simone Inzaghi adesso alla guida della squadra della capitale. Sarà solo un caso? Se avessimo una fiches da poter scommetere su chi conquisterà la quarta piazza lo punteremmo sulla Lazio, ci scuseranno i nerazzurri, nonostante le clamorose assenza di Alberto e Immobile. Alla Lazio basta un pareggino per tenere l’Inter fuori dalla competizione della coppa dalle grandi orecchie e per l’Inter sarebbe l’ennesima stagione fallimentare. O quasi. E come diceva Antoine Lavoisier, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, anche il futuro.