La chiamata, le sirene spiegate, la corsa contro il tempo. Il servizio italiano delle ambulanze, sostenuto da circa 300mila volontari, potrebbe presto cambiare pelle. A febbraio una sentenza del Consiglio di Stato, recependo una direttiva europea del 2014, ha considerato non applicabile l’affidamento in via prioritaria del trasporto sanitario (non di emergenza e urgenza) alle associazioni di volontariato. E tra le pubbliche amministrazioni sono sempre di più quelle che ricorrono alle gare d’appalto, con l’ingresso delle aziende private, che però fanno lievitare i costi. In un settore che finora è costato invece molto poco, grazie a un servizio coperto per il 70% con i soli volontari della triade Anpas, Croce Rossa e Misericordia. La spesa media è di soli 15 euro all’anno per cittadino, con differenze notevoli da regione a regione.
Ma il problema non è solo italiano. La stessa questione è sorta in Germania e Austria, anche loro con sistemi di trasporto sanitario coperti dal volontariato. E proprio in queste ore gli esponenti delle associazioni stanno lavorando con deputati europei di varie forze politiche per far rientrare il trasporto dei pazienti in ambulanza nei servizi che si possano affidare direttamente, in deroga ai principi della concorrenza.
I volontari, in Italia, hanno anticipato di secoli il trasporto sanitario pubblico. Fino agli anni Sessanta, il servizio sanitario garantiva l’assistenza dalla porta del pronto soccorso in poi, ma in ospedale ci dovevi arrivare da solo. Lo stesso 118 è stato costituito nel 1992. Anpas e Crocerossa, invece, hanno circa 150 anni. La nascita della Confraternita delle Misericordie risale addirittura nel Medioevo.
«Non è che vogliamo esserci per forza», precisa Fabrizio Pregliasco, presidente di Anpas. «Ma i servizi devono essere coperti, come il volontariato ha garantito finora. Senza dimenticare le emergenze nazionali, dai terremoti alle alluvioni, dove i volontari sono intervenuti tempestivamente». Altrimenti le scelte sono due: o si investono più soldi pubblici; o, se si vogliono mantenere prezzi così bassi, senza volontari le ditte private non garantiranno lo stesso servizio e la stessa presenza sui territori. Soprattutto in un momento in cui molti presidi medici sono stati chiusi e c’è bisogno invece di spostarsi più di prima.
Secondo una stima del Fiaso, la Federazione delle Asl e degli ospedali pubblici, un’ambulanza con soli dipendenti e professionisti costa tra i 700mila e 1 milione di euro l’anno, mentre la co-presenza di dipendenti e volontari (che comunque hanno l’obbligo di formazione continua) abbassa i costi a 230-250mila euro l’anno.
Nelle associazioni che gestiscono il trasporto, i dipendenti di solito sono solo poche decine, concentrati per lo più nei lavori d’ufficio. Il resto sono volontari, che a turno riescono a coprire tutte le ore della giornata
Dalla Croce Rossa stanno studiando il problema, in attesa di pronunciamenti definitivi. «Stiamo monitorando attentamente le prime applicazioni giurisprudenziali del Codice del Terzo settore e, in particolare, il rapporto con il Codice dei contratti pubblici», dicono. E sottolineano che ci sono altre due sentenze dei Tar di Puglia e del Lazio che danno ragione al Codice del Terzo settore, dove si prevede invece che se il trasporto sanitario viene garantito in emergenza vale il principio dell’affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato. «Restiamo dunque in attesa di verificare se anche quest’ultimo orientamento sul trasporto pazienti in emergenza verrà confermato dal Consiglio di Stato, che dovrà pronunciarsi sul tema nei prossimi mesi», spiegano. La questione si giocherà, quindi, in punta di diritto.
Il problema è sorto quando una ditta privata di La Spezia, in Liguria, ha contestato un affidamento diretto. E il Consiglio di Stato si è espresso a favore. La Corte di giustizia dell’Unione europea in passato però aveva sostenuto il contrario per ben due volte, scrivendo che l’affidamento diretto dei servizi delle ambulanze al volontariato trova motivazione «nei principi di universalità e di solidarietà nonché in ragioni di efficienza economica e di adeguatezza, in quanto consente che tale servizio di interesse generale sia garantito in condizioni di equilibrio economico».
«Nelle associazioni che gestiscono il trasporto, i dipendenti di solito sono solo poche decine, concentrati per lo più nei lavori d’ufficio. Il resto sono volontari, che a turno riescono a coprire tutte le ore della giornata», spiega Pregliasco. «Ma in questi anni sono entrate nel settore anche finte onlus con finti volontari pagati in nero. Realtà che sono nate per supplire a un bisogno che comunque esiste e che non sempre riusciamo a coprire». Una zona grigia, con ditte che che si fanno pagare fior fior di soldi per il trasporto dei malati, o addirittura colluse con la criminalità organizzata.
Perché le richieste di ambulanze vanno oltre l’urgenza. Ci sono i trasporti interospedalieri, o quelli per accompagnare semplicemente un anziano a fare un esame specialistico. E in molti casi il passaggio in ambulanza non è coperto dai Livelli essenziali di assistenza. Ad Aversa, una ditta che avrebbe stabilito il monopolio dei trasporti in ospedale grazie alle collusioni con i clan camorristici della zona, aveva chiesto fino 300 euro per portare a casa un paziente in fin di vita.