È sempre bene tornare su Philip Roth. Dopo gli elenchi dei libri scritti dell’autore ebreo-americano (che rifiutava il trattino perché considerava di essere entrambe le cose e non un ibrido tra le due), è bene pensare anche agli elenchi dei libri letti dall’autore ebreo-americano. Erano tanti, ma non tutti importanti.
In una lista compilata nel 2016, che accompagnava la sua decisione di donare, al momento della morte, i suoi oltre 3.500 volumi alla Newark Public Library, elenca le opere che hanno – a suo avviso – influenzato di più la sua scrittura, cioè la visione del mondo e dell’arte.
Ebbene, avrebbe potuto evitare di farlo: almeno si risparmiava la vergognosa confessione di aver conosciuto le opere di Kafka per la prima volta a 27 anni (ma prima cosa aveva fatto?) e Dostojevskij a 35! Solo a 37 ha potuto leggere Anna Karenina.
Cosa si evince da tutto questo? Che il grande mantra delle scuole di scrittura è falso: non è vero che per diventare bravi scrittori occorra essere bravi lettori. Ma è vero, piuttosto che per diventare bravi scrittori occorra essere bravi scrittori.
Il cittadino Tom Pain, di Howard Fast, letto per la prima volta a 14 anni
Finnley Wren, di Philip Wylie, letto per la prima volta a 16 anni
Angelo, guarda il passato, di Thomas Wolfe (il poeta), a 17 ani
Il giovane Holden, di J.D. Salinger, letto a 20 anni (già tardi)
Le avventure di Augie March, di Saul Bellow, l’anno dopo
Addio alle armi, di Ernest Hemingway, a 23 anni
Il commesso, di Bernard Malamud (a 24 anni)
Madame Bovary, di Gustave Flaubert, a 25 anni – evviva, un autore straniero
L’urlo e il furore, di William Faulkner, sempre a 25 anni
Il processo, di Franz Kafka, due anni dopo,
La caduta, di Albert Camus, a 30 anni
Delitto e Castigo, di Fëdor Dostjevskij, letto a 35 anni la prima volta(!)
Anna Karenina, di Lev Tolstoj, letto due anni dopo
Cheri, di Colette, letto a 40 anni
La via dei coccodrilli, di Bruno Schulzletto a 41 anni