Creare un ponte tra formazione e lavoro per dar vita ai nuovi artigiani del futuro. È con questo obiettivo che 14 anni fa nasceva a Torino Piazza dei Mestieri, «un’esperienza purtroppo unica in Italia», esordisce Dario Odifreddi, presidente della fondazione, «nata dalla constatazione che molti giovani al termine della scuola non sapevano come muoversi». Mentre la disoccupazione giovanile in Italia supera ancora il 32%, Piazza dei Mestieri sforna ogni anno cuochi, parrucchieri, maitre di sala, tecnici Ict e grafici che a due anni dalla fine degli studi hanno un tasso di inserimento lavorativo del 75-80 per cento. Con un occhio attento anche alla prevenzione del disagio giovanile e alla lotta alla dispersione scolastica, visto che qui – nel cuore di Torino – si aprono le porte della formazione d’eccellenza «anche a quelli più svantaggiati, scoraggiati, di cui si dice che non abbiano talento, premiando la voglia di fare. Nella selezione seguiamo criteri oggettivi e soggettivi: è quello che noi chiamiamo patto educativo», spiega Odifreddi.
Con un mix di fondi tra pubblico e privato, e un forte coinvolgimento delle imprese, a Piazza dei Mestieri i ragazzi vengono preparati all’inserimento lavorativo nella filiera artigianale agroalimentare, quella dell’acconciatura e dell’estetica e quella dei nuovi mestieri del mondo Ict. Mestieri innovativi e “vecchi” mestieri manuali convivono e rinascono in un mercato tutto nuovo. Anche grazie alla collaborazione delle aziende, che ogni anno offrono 300 borse di studio, assegnate con una valutazione mista tra merito e condizione reddituale.
A Piazza dei Mestieri non si fanno solo lezioni teoriche. «Accanto ai corsi», continua Odifreddi, «vengono messe in atto attività produttive reali ed economicamente sostenibili, che operano sul mercato». Piazza dei Mestieri ha creato sia un ristorante, finito sulla guida Michelin, che un pub, premiato per le sue birre, dove i ragazzi lavorano e imparano. Poi anche un centro di acconciatura ed estetica, in collaborazione con L’Oréal. Si insegnano le competenze teoriche, ma anche ad avere a che fare con i clienti, a sapersi relazionare dietro a un bancone e a una cassa.
Non finisce qui. Con Piazza dei Mestieri è nato un Its, Istituto tecnico superiore, premiato per quattro anni consecutivi dal ministero dell’Istruzione. E per favorire l’inserimento lavorativo degli allievi, è nato un Job Center, che segue i ragazzi nei due anni successivi al diploma.
C’è un’enorme domanda di mestieri tradizionali. La differenza oggi è che vanno rivisti in chiave innovativa, moderna e tecnologica
A Torino i ragazzi sono in tutto 900. Altrettanti si trovano a Catania, dove è nata una sede distaccata. Qui, nel Sud d’Italia, i ristoranti che partecipano alla rete di formazione nei giorni di chiusura vengono gestiti dagli allievi di Piazza dei Mestieri.
Le richieste per iscriversi ai corsi offerti dalla fondazione torinese crescono di anno in anno. «La richiesta è sempre maggiore rispetto ai posti disponibili», racconta Odifreddi. «Ma non è più una scelta di serie B. Se quando abbiamo iniziato il 50% dei ragazzi arrivava da insuccessi scolastici precedenti e noi rappresentavamo un po’ l’ultima spiaggia, oggi per oltre l’80% Piazza dei Mestieri è la prima scelta dopo la terza media». Ci sono ragazzi che provenivano da situazioni di difficoltà e oggi lavorano in ristoranti stellati francesi. E c’è anche chi ha creato applicazioni tra le più scaricate su Google Play.
Giovani e giovanissimi che aspirano a diventare cuochi, pasticceri, parrucchieri. «C’è un’enorme domanda di mestieri tradizionali», dice Odifreddi. «La differenza oggi è che vanno rivisti in chiave innovativa, moderna e tecnologica. Fare il maitre o lo chef non può essere uguale a dieci anni fa. I mestieri servono tantissimo, ma non serve riprodurre una cosa vecchia». Oggi un cuoco deve conoscere anche le lingue e le intolleranze alimentari, un idraulico i materiali più innovativi sul mercato.
Stare sempre sulla frontiera, rinnovarsi e misurarsi con il mondo che cambia
Il grande vantaggio di Piazza dei Mestieri è che «accanto ai professori tradizionali che seguono i programmi delle materie principali, gli insegnanti delle materie tecniche sono tutti professionisti, gente che ha fatto o fa la differenza sul mercato». Senza dimenticare i “nuovi mestieri”. «Il problema enorme delle aziende che hanno fatto investimenti in industria 4.0 è che necessitano di figure professionali che non ci sono, figure non codificate che bisogna cominciare a creare nei nostri Istituti tecnici superiori, che vanno rafforzati. Un po’ di strada è stata fatta, ma bisogna fare di più», dice Odifreddi. La regola deve essere: «Stare sempre sulla frontiera, rinnovarsi e misurarsi con il mondo che cambia». Anche per un parrucchiere, un elettricista o un sous chef.