A differenza di quando parli, quando scrivi non sei on air.
Anche quando tutto è per subito e i tempi sono stretti hai comunque modo di organizzare il tuo scritto, rileggerlo e correggerlo.
In questa rubrica ho scritto dell’importanza della pianificazione: “Scrivere – inteso come il mettere nero su bianco le parole – è giusto che avvenga di getto, ma solo se in precedenza si è costruita l’impalcatura. In arte è lo studio preparatorio, per le sarte il cartamodello”.
Non c’è dubbio che si tratti di un tassello indispensabile, che però deve fare i conti con un altro aspetto importante: il coinvolgimento.
Dice Confucio Dimmi e dimenticherò, mostrami e forse ricorderò, coinvolgimi e comprenderò.
Scrivere da questo punto di vista è più insidioso perché manca l’instant e il riscontro immediato con le reazioni del pubblico.
Ecco perché quando lo facciamo dobbiamo sopperire all’assenza di contatto diretto abolendo le standardizzazioni, mettendo colore e calore, in armonia con le nostre intenzioni, il contenuto del testo e i destinatari.
Programmazione quindi sì, ma non a discapito della naturalezza.
Un discorso quando “arriva”? A mio parere quando suona spontaneo, dove spontaneo non è sinonimo di improvvisato, anzi.
La naturalezza genera un paradosso: è una conquista frutto di duro e costante allenamento e non una semplice abilità che si ha o non si ha.
Un primo consiglio è sforzarsi di calare il contenuto nel contesto. Si deve avere chiaro in testa il destinatario. Se scrivi ai colleghi della filiale di Roma è un conto, se scrivi a Francesca, Mario, Franco, Luigi della filiale di Roma, è un altro. Già solo il fatto di avere presenti i loro nomi ti aiuta
Sì, ma quindi? Come superare filtri e intermediazione? Come permettere alle parole di superare barriere e centrare il loro obiettivo: farsi leggere, seguire e capire?
Un primo consiglio è sforzarsi di calare il contenuto nel contesto. Si deve avere chiaro in testa il destinatario. Se scrivi ai colleghi della filiale di Roma è un conto, se scrivi a Francesca, Mario, Franco, Luigi della filiale di Roma, è un altro. Già solo il fatto di avere presenti i loro nomi ti aiuta.
Prova!
Non sottovalutare l’importanza delle immagini, evocate da metafore o esempi mirati. Umanizzano e generano empatia.
Lo stesso vale per l’intensità. Nel parlato per dare risalto ad un concetto modifico il mio tono di voce, rallento, evidenzio parole. In sintesi, doso l’intensità della mia voce.
Se ti dicessi che puoi fare lo stesso quando scrivi? Come? Prima di tutto dando struttura e ordine alle informazioni.
Poi c’è la grafica: bold, corsivo, elenchi puntati, font minimalisti o barocchi, sottolineature e dimensioni, spazi bianchi.
C’è il ritmo che si crea anche grazie ai verbi attivi e all’assenza di orpelli che tolgono ossigeno.Ci sono parole corte e frasi brevi, che aiutano gli occhi a scivolare fino alla fine del periodo, senza inciampare.
Ovviamente ci sono le parole. Pescare quelle giuste fa la differenza.
Per allenarsi divertendosi c’è un gioco molto utile che si chiama Taboo. L’obiettivo è far indovinare alla propria squadra una parola, evitando di usare quelle a lei più vicine, che permetterebbero subito di capire.O ci si sforza di trovare sinonimi e altre definizioni, o l’eliminazione è assicurata!
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