Severi ma giusti: l’arbitro saudita chiede la tangente e viene radiato a vita

Facessero così anche in Italia la situazione delle classifiche degli ultimi campionati, forse, sarebbe diversa. Il Paese mediorientale non ha una passione per la democrazia ma a quanto pare tiene molto al calcio pulito

Tutto per un po’ di soldi. La carriera dell’arbitro saudita Fahad al-Mirdasi, designato nel pool dei giudici di gara per i Mondiali di calcio in Russia, è finita. L’uomo ha cercato di estorcere una bustarella al presidente dell’al Ittihad appena prima della finale di Coppa del Re contro l’al-Faisaly, partita che avrebbe arbitrato proprio lui.

Purtroppo le cose non sono andate come sperava. Il presidente Hamad al-Sanayeh non ha accettato l’offerta dell’arbitro e ha, al contrario, segnalato la cosa alla federazione calcistica saudita, fornendo le prove – dei messaggi scritti su Whatsapp – del tentativo di concussione da parte dell’arbitro. Interrogato dagli investigatori, l’ex “arbitro d’oro” dell’Arabia Saudita ha dovuto ammettere il suo tentativo e ha subito l’immediata condanna: radiazione a vita dalla categoria arbitrale, con tanto di divieto ufficiale. Una gloriosa carriera stroncata in pochi minuti.

Ma non è finita: la federazione saudita ora sta facendo pressioni sulla Fifa perché Mirdasi venga espulso anche dal pool di arbitri del Mondiale. È probabile che le richieste di Riyad vengano ascoltate e l’uomo venga squalificato anche in Russia.

L’Arabia Saudita è nota in generale per la sua severità nei provvedimenti di giustizia. A volte in modo eccessivo (un esempio evidente sono le pene corporali, fino alla pena di morte) a volte, come questa, in maniera condivisibile. È una monarchia assoluta che fa affari con il petrolio, bombarda lo Yemen, cerca di diffondere in tutto il mondo la versione wahabita – e retrograda – dell’Islam e, secondo alcuni, finanzia pure il terrorismo islamico. Ma, almeno, può vantare un campionato senza ombre.

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