A Donald non piacerà, ma le classifiche delle canzoni Usa premiano la musica straniera

Da pochi anni si assiste a una inversione di tendenza. Ai primi posti figurano tormentoni latini o sudcoreani. La bella musica pop e country made in America ha fatto un passo indietro

Che fine ha fatto il primato americano? È scomparso. Non dappertutto, ma di sicuro nelle classifiche americane di Billboard 200, quelle che elencano le canzoni più ascoltate nel Paese. Lo stradominio della canzone Usa è finito, l’epoca è passata e nemmeno il nostalgismo vigoroso del presidente Donald Trump potrà risollevarlo.

Colpa delle canzoni “immigrate”, che da qualche anno (pochi, in realtà), stanno scalando le vette delle charts e conquistano cuori e orecchi made in Usa. Ad esempio l’album che adesso è primo in classifica, cioè Love Yourself: Tear, è cantato dal gruppo coreano BTS. Non è un caso: il K-Pop, formula con cui si indica la produzione musicale sudcoreana (quella coltivata in laboratorio apposta per creare hit e coinvolgere quanto più pubblico possibile), è sempre più amata. Al punto che, pare, sono perfino in aumento anche i corsi per imparare il coreano.

Ma non solo, ci sono anche le canzoni sudamericane. Il caso di Despacito, vera e propria hit mondiale, ha sovvertito ogni ruolo. È rimasto primo per 16 settimane, polverizzando il precedente record, cioè One sweet day di Mariah Carey. E anche in questo caso, si è verificato l’aumento di studenti di spagnolo (sebbene le ragioni possano essere anche altre).

Insomma, dal 1996 al 2012 solo due canzoni erano riuscite a raggiungere le classifiche più importanti Usa (cioè la Top 10 dei 100 single) ed erano La Macarena e Gangnam Style. Ora le cose sono cambiate. L’America sotto Trump magari ritornerà grande. Ma con un’altra musica.

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