Dare un posto gratuito o low cost all’asilo, per permettere alle mamme di cercare un lavoro e ai figli di uscire da condizioni di povertà. Mentre da Milano a Palermo chiudono i nidi comunali, la Fondazione Mission Bambini ha deciso di creare invece nuovi posti, dando l’opportunità di frequentare l’asilo a 1.500 minori provenienti da quartieri e famiglie disagiate, che altrimenti non potrebbero permettersi rette mensili che per i nidi in Italia superano ormai anche i 500-600 euro (la spesa media è di 300 euro).
L’asilo diventa così strumento di emancipazione. Da Nord a Sud, da Novara a Palermo, da Scampia alla periferia di Milano, 12 nidi e scuole materne selezionate per il progetto “Servizi 0-6: passaporto per il futuro” (finanziato con 2,3 milioni di euro tramite il Fondo per il contrasto alla povertà educativa, gestito dall’impresa sociale “Con i Bambini”) garantiscono oggi il 40% dei posti a bambini con genitori in difficoltà economiche. Tramite tariffe agevolate o a costo zero, in un Paese come l’Italia dove i posti per i nidi coprono solo il 22,8% del totale dei bambini sotto i tre anni. Non solo: gli asili aderenti offrono anche aperture prolungate e maggiore flessibilità negli orari, per permettere a mamme e papà di lavorare, laddove nel nostro Paese invece solo l’87% dei capoluoghi italiani offre servizi per l’infanzia a tempo pieno.
A Bruzzano, quartiere popolare a Nord di Milano, al confine con la Comasina, la scuola materna e il nido gestiti dall’impresa sociale Fondazione Aquilone sono sostenuti da Mission Bambini. Siamo nella zona 9, distante chilometri dal lusso del centro: tra questi palazzoni, un quarto della popolazione è composta da immigrati e il tasso di natalità è ben sopra la media. Ma i posti comunali, soprattutto quelli delle materne, non bastano. E i requisiti per accedere alle graduatorie a volte risultano perversi: come quello che dà la priorità alle famiglie in cui lavorano entrambi genitori, lasciando dietro quelle monoreddito. Molte delle quali, però, portano a casa un solo stipendio proprio perché devono badare ai bambini.
«Ci sono genitori immigrati con un lavoro in nero e senza permesso di soggiorno, famiglie numerose o monoparentali che non riescono ad accedere alle graduatorie comunali», spiega Loris Benedetti, direttore delle due strutture di Bruzzano, che hanno riservato 12 posti (otto alla materna, quattro al nido) ai bambini in condizioni disagiate. Ma anche le rette comunali, in costante crescita, non aiutano: la spesa dei comuni per i nidi è in calo, mentre la percentuale di compartecipazione da parte delle famiglie è aumentata negli anni fino a coprire oltre un quinto del costo totale. Spesso non basta un reddito per affrontare la spesa. Non a caso, complice anche la crisi, le iscrizioni ai nidi di tutta Italia sono in costante calo. E come un cade che si morde la coda, le strutture di supporto all’infanzia chiudono proprio nelle aree dove ci sono le famiglie più povere, nel Mezzogiorno e nelle periferie delle grandi città. Ma in molti casi la rinuncia al nido finisce per corrispondere alla rinuncia al lavoro da parte della mamma.
Complice anche la crisi, le iscrizioni ai nidi di tutta Italia sono in costante calo. E come un cade che si morde la coda, le strutture di supporto all’infanzia chiudono proprio nelle aree dove ci sono le famiglie più povere, nel Mezzogiorno e nelle periferie delle grandi città
Come è accaduto ad Alessia, 30 anni, che con il marito (di origine egiziana) e due figli vive in una delle case popolari milanesi di Bruzzano. «Lavoravo per una grande catena di negozi di giocattoli, ma al rientro dalla prima maternità mi hanno costretto a lasciare il lavoro», racconta. «Mi venivano richiesti orari incompatibili con il mio nuovo ruolo di mamma, come iniziare il turno alle 6.30 del mattino. Mi sono licenziata per badare a mio figlio e, dopo pochi mesi, sono rimasta incinta di un secondo bambino. Mi sono messa alla ricerca di un nuovo lavoro ma ai colloqui, appena dicevo di avere due figli piccoli, il discorso era chiuso». Finché, tramite un’amica, viene a sapere degli asili “sociali” della Fondazione Aquilone. Grazie alle tariffe agevolate, iscrive il più grande alla materna e il più piccolo al nido. Non solo. La Fondazione fa anche da job center per le mamme: le aiuta a scrivere il curriculum, a mettersi in contatto con le agenzie del lavoro e a frequentare corsi di formazione. E alla fine anche Alessia ha compilato il suo cv e trovato un lavoro come educatrice.
E come lei Martina, diventata mamma molto presto, a 16 anni. Per molti anni ha tirato avanti solo con lavori a chiamata come parrucchiera ed estetista. «Mi chiamavano dall’oggi al domani», dice. «Non riuscivo a badare alla bambina, che per di più era rimasta esclusa dalle liste comunali per il nido perché non avevo ricevuto in tempo l’avviso di iscrizione». Anche per lei la soluzione arriva dall’asilo di Bruzzano, dove va a chiedere aiuto. «Al nido sostenuto da Mission Bambini mi aprono le porte e si fanno carico della mia situazione permettendomi di iscrivere mia figlia con retta agevolata», racconta. «Così ho potuto riprendere a lavorare: per quanto precario, il lavoro mi assicura una minima entrata». Intanto, mentre la mamma lavora e frequenta un corso professionale per truccatrice, la figlia di Martina frequenta la scuola materna, con un’agevolazione sulla mensa: anziché pagarla mensilmente, le viene chiesta una retta ogni quattro mesi.
In Italia ci sono 1,2 milioni di minori in stato di povertà assoluta, strettamente legata alla povertà educativa. Gli asili sono l’unica strada che questi bambini hanno per emanciparsi dalla condizione di povertà in cui sono nati
«Attraverso il progetto ci occupiamo non solo dei bambini ma anche dei genitori: è l’unico modo per contrastare la povertà materiale ed educativa, e la trasmissione di questa condizione di generazione in generazione», spiega Alex Gusella, portavoce di Mission Bambini. Gli studi dicono che la condizione di povertà nell’infanzia influenzi il resto della vita. E in effetti i risultati dei test Pisa Ocse sono direttamente proporzionali alle condizioni socio-economiche delle famiglie: in quelle più povere, i punteggi raggiunti sono sempre i più bassi.
In Italia ci sono 1,2 milioni di minori in stato di povertà assoluta, che a sua volta genera povertà educativa, e a cascata abbandono scolastico, difficoltà lavorative e disoccupazione future. «Gli asili sono l’unica strada che questi bambini hanno per emanciparsi dalla condizione di povertà in cui sono nati», dice Gusella. Nel quartiere napoletano di Scampia, una delle aree più difficili d’Italia, i bambini arrivati nelle strutture sostenute da Mission Bambini «o non parlavano affatto o parlavano solo il dialetto», racconta. «Una delle mamme mi ha detto: “Io non ho avuto la stessa fortuna. Magari grazie all’asilo mio figlio non diventerà un criminale”».