CATANIA – «Se l’ho perdonato? Desidero solo dimenticare, anche se temo che sarà impossibile». A parlare è Serafina Strano, la guardia medica aggredita una sera di metà settembre da un 26enne che si è recato nel presidio sanitario di Trecastagni, Catania, all’apparenza per motivi di salute, per poi invece abusare sessualmente della donna. Le sue sono parole che portano i segni di un trauma difficile da superare. «Si può solo elaborare, ma non cancellare dalla propria anima», racconta la dottoressa a Linkiesta.
A distanza di quasi nove mesi, il ricordo di quanto accaduto è indelebile. Nonostante Strano abbia ripreso la vita quotidiana e benché il tribunale si sia già pronunciato nei confronti di Alfio Cardillo – l’uomo è stato condannato a otto anni con il rito abbreviato per violenza sessuale, lesioni e sequestro di persona – , la dottoressa non sente di avere avuto giustizia, non nel pieno senso del termine. «Avrei voluto solidarietà più sostanziale», continua Strano. «I miei colleghi e colleghe, tutti, non solo uno sparuto gruppo, avrebbero dovuto unirsi a me nella lotta per avere giustizia e avere riconosciuti i nostri diritti che vengono ancora violati. Purtroppo, e per svariati motivi, ciò non è avvenuto».
Finita suo malgrado al centro dell’attenzione mediatica, Strano sul finire dell’anno scorso è stata ascoltata anche in Parlamento, dove ha portato la propria esperienza. E si è fatta anche portavoce dei disagi patiti dalle colleghe, soprattutto in termini di sicurezza.
La dottoressa ha accusato l’Azienda sanitaria provinciale di Catania di non avere messo in atto le azioni necessarie a evitare quanto successo. «Il contenzioso con l’Asp a oggi non è ancora legale purtroppo», spiega Strano. «Sono mesi che denuncio a mezzo stampa e controbatto alla dirigenza Asp. L’allora direttore sanitario Franco Luca (coinvolto nelle settimane scorse in un’inchiesta giudiziaria su un giro di corruzione all’Ufficio provinciale del lavoro, nda) e il direttore generale Giuseppe Giammanco hanno sempre dichiarato che le misure di sicurezza nella sede di Trecastagni c’erano e che la mia aggressione ha avuto un epilogo così drammatico perché io non avrei attivato il braccialetto d’emergenza».
Se il sistema delle guardie mediche non verrà modernizzato e rinnovato, quello che è capitato a me potrebbe succedere a tutte le mie colleghe
Attorno a questo dettaglio è nato un caso. «Lo strumento non è di emergenza», va avanti Strano, «ma solo un pulsante per un’eventuale attivazione a distanza di un telefono con commutatore telefonico, peccato però che il telefono non è Gsm ma dipendente dalla rete con cavi che il mio aggressore ha immediatamente disattivato strappandoli dal muro».
La precarietà della sicurezza alla guardia medica è emersa anche da altro. «Nella sede c’era solo un sistema di telecamere a circuito chiuso non collegato in remoto», racconta. «Da allora qualcosa è cambiato, sono stati installati dispositivi di geolocalizzazione e telecamere collegate con centrale operativa». Ma, a detta della diretta interessata, non ancora a sufficienza. «I miei colleghi continuano a lavorare in solitudine», sottolinea Strano, che da quando è ritornata a lavorare è stata assegnata al servizio di medicina scolastica ed educazione alla salute. Un luogo di lavoro che, almeno sulla carta, dovrebbe garantirle di correre meno rischi, per quanto il mondo della sanità in Sicilia oramai da anni registri una frequenza inquietante di episodi di violenza. «Le aggressioni al personale sanitario, come i fenomeni di violenza in genere, sono senz’altro il sintomo di un profondo disagio sociale», commenta Strano. «In particolare la popolazione non ha più rispetto per le figure sanitarie. Il rapporto medico-paziente è, secondo me, profondamente edulcorato da decenni di pessima politica sanitaria pubblica».
Nell’attesa che qualcosa cambi, la certezza di Strano è che l’esperienza di oltre 15 anni all’interno delle guardie mediche è stata definitivamente interrotta. «A me fa bene lavorare, ma di sicuro non tornerò mai più in una guardia medica. Se il sistema delle guardie mediche non verrà modernizzato e rinnovato, quello che è capitato a me potrebbe succedere a tutte le mie colleghe».