La nuova vita di Calenda: “Contro i masochisti/nazionalisti bisogna ripartire dal futuro”

Nel suo primo intervento pubblico da ex ministro, Calenda traccia la road map di una nuova iniziativa politica per “guidare l’innovazione”: “Basta fare i tecnottimisti: serve una presenza forte dello Stato che garantisca protezione, investimenti e un piano Marshall sulla conoscenza”

Jeans, camicia e Clarks. La nuova vita di Carlo Calenda da ex ministro dello Sviluppo economico si intuisce già dall’abbigliamento casual. Ed è lui stesso a farlo notare nel suo primo incontro pubblico da quando ha lasciato il Mise, nel corso del “Jobless Society Forum” organizzato dalla Fondazione Feltrinelli a Milano. Al di là di qualche frecciatina politica su Matteo Salvini («è lui il capo del governo»), la flat tax e il reddito di cittadinanza («siamo alla schizofrenia totale»), il nuovo Calenda – o Callende, come qualcuno l’ha ribattezzato – parla da capo politico di un nuovo movimento progressista che mira a rifondare la sinistra contro l’avanzata di quelli che chiama “masonazionalisti” («nazionalisti masochisti che vogliono portare l’Italia in serie B con l’alleanza con Orban»).

«Stiamo vivendo il periodo più disruptive della storia recente», dice l’ex ministro, che solo dopo la sconfitta elettorale del 4 marzo ha deciso di iscriversi al Pd. «Il termine disruptive nel mondo dell’azienda molto spesso è positivo. Ma nella società è esattamente l’opposto. Il prossimo ventennio sarà di disruption tecnologica, ma contemporaneamente avrà bisogno di un compattamento dal punto di vista sociale e politico. Fare questo richiede la presenza dello Stato: un progetto di lungo periodo, in cui lo Stato deve essere forte dov’è necessario che lo sia». Eccolo il manifesto politico di Calenda: «Noi dobbiamo essere disruptive: non può più esistere l’innovazione senza la capacità umanistica di guidarla. Da questo pensiero deve nascere un’iniziativa culturale o politica attiva: su questo ci giochiamo il futuro dell’Occidente e quindi anche il futuro dell’Italia».

L’ex ministro fa un’analisi del presente, ma guarda soprattutto al futuro. «Stiamo vivendo la più grande crisi che l’Occidente abbia vissuto nella storia recente. Siamo al centro di un grande shock e quello che abbiamo davanti nei prossimi vent’anni potrebbe essere ancora più grande». In questo contesto, dice, «il discorso progressista di guardare al futuro in modo utopico e positivo non può più reggere».

Noi dobbiamo essere disruptive: non può più esistere l’innovazione senza la capacità umanistica di guidarla. Da questo pensiero deve nascere un’iniziativa culturale o politica attiva: su questo ci giochiamo il futuro dell’Occidente e quindi anche il futuro dell’Italia


Carlo Calenda

Calenda – «da progressista quale sono», dice – fa autocritica. Ed elenca gli squilibri creati dalla globalizzazione: il dumping e lo spostamento del lavoro, la pressione sui salari, la disuguaglianza arrivata ai livelli degli anni Venti, il divario tra alte e basse qualifiche, i posti di lavoro sostituiti dalle macchine. «Come affrontiamo questa situazione?», si chiede. «Un secondo shock di queste dimensioni l’Occidente non può affrontarlo». Due cose sono da evitare. Uno: «Il “tecnottimismo” semplicistico, che dice che qualunque cosa innovativa per definizione è positiva per l’uomo e aggiunge valore. Questo approccio ha determinato in Occidente la vittoria dei sovranisti, che vincono proprio nel momento in cui i progressisti dicono che il futuro è bello e sereno. Questo discorso terrorizza i cittadini. Oggi la maggioranza dei Millennials considera la parola progresso con un’accezione negativa». Due: «Dobbiamo evitare di fare gli illuminati, quelli che dicono di sapere come sarà il futuro mentre gli altri invece no. Basta dire che la magica legge del mercato e l’innovazione ci portano da sole verso un futuro migliore: le persone non si fidano più. La storia mostra che gli illuminati hanno visto la globalizzazione in maniera sbagliata. La competenza ha deluso, l’incompetenza è sinonimo di purezza. Ecco perché arrivano al governo persone che prima non hanno mai fatto nulla».

E dopo l’autocritica, Calenda poi passa alle proposte. «Bisogna dare centralità al presente e al futuro vicino», dice. «Avete mai sentito parlare un populista di futuro? Oggi la percezione del futuro è estremamente negativa. Bisogna proteggere le persone nel presente per accompagnarle verso il futuro: non ti do cento euro oggi, ma ti aiuto a risolvere il problema che tuo figlio avrà nel futuro domani».

Calenda elenca tre parole chiave: protezione, investimenti, conoscenza. «Proteggere le persone oggi, gestire lo shock, perché tutta la società, e non solo un pezzo, abbia un futuro. Ecco perché bisogna investire nella formazione, altrimenti non andiamo da nessuna parte». E ancora: «Se c’è un’epoca nella storia in cui ogni soldo possibile deve andare negli investimenti, è questo». E per concludere: «Un “Piano Marshall” sull’educazione, non solo per trovare lavoro, ma per rendere i cittadini capaci di gestire l’innovazione tecnologica. Il problema delle fake news può essere risolto solo con un investimento nella conoscenza. Ci sono aree del Paese in cui i ragazzi hanno pesanti ritardi cognitivi, non hanno mai letto un libro. Un investimento di questo tipo è funzionale a tenere le democrazie aperte: se non lo facciamo, le democrazie crolleranno una dopo l’altra».

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