L’Europa naviga a vista, e il “nessun risultato” del vertice sull’immigrazione sembra già un successo se confrontato con gli altri immaginabili esiti della vigilia: l’isolamento dell’Italia rispetto all’asse franco-tedesco (al quale si sta accodando la Spagna) o il prevalere della linea che privilegia la gestione dei movimenti secondari dei migranti nell’Unione rispetto alla questione dei confini. È stata Angela Merkel, con il consueto pragmatismo, a salvare un vertice che sembrava già condannato da due eventi potenzialmente catastrofici. L’assenza dei Paesi di Visegrad, innanzitutto, che dalla resistenza passiva sono passati a un deciso boicottaggio dell’idea stessa di soluzioni comuni fondate sul compromesso. Il nuovo protagonismo italiano, poi, con la richiesta di azzerare il regolamento di Dublino. Ma anche le zuffe dialettiche tra le nuove giovani star della politica europea – Macron, Sanchez, Salvini – già tutte protese verso una campagna elettorale per le europee che si preannuncia incandescente.
La Cancelliera tedesca è riuscita, per ora, a evitare una palese rottura e a presentare gli esiti del vertice come un confronto equilibrato tra diverse posizioni nazionali, blandendo l’Italia e il professor Giuseppe Conte con parole di comprensione e riconoscimento. «Non dobbiamo lasciare soli i Paesi di primo approdo». «La responsabilità è di tutti». Ma la distanza tra le posizioni è evidente dalle dichiarazioni degli altri, a cominciare da quelle di Emmanuel Macron che nega addirittura l’esistenza di un emergenza e riduce la questione imigrazione a «un problema politico di Francia e Germania». Quanto potranno durare questi equilibrismi? E quando al tavolo della discussione si aggiungerà il gruppo di Visegrad, del tutto disinteressato ai confini esterni dell’Unione e preoccupato solo dei movimenti interni, quale considerazione potrà avere la linea italiana?
La cosiddetta “questione sicurezza”, si è definitivamente imposta come principale e quasi esclusivo tema dell’agenda europea. Non si parla d’altro. Sembra che non ci sia altro che interessi l’Unione
Sta di fatto che la cosiddetta “questione sicurezza”, si è definitivamente imposta come principale e quasi esclusivo tema dell’agenda europea. Non si parla d’altro. Sembra che non ci sia altro che interessi l’Unione. Le questioni di bilancio, la guerra commerciale intentata dagli Usa con i dazi, le questioni dello sviluppo e delle diseguaglianze, tutti i temi economici e sociali, in blocco, sono spariti dall’orizzonte del dibattito politico comunitario, inghiottiti dalla parola “frontiere”.
L’Europa, a leggere le dichiarazioni degli ultimi mesi, appare come uno spazio assediato da moltitudini di nemici, che non ha tempo di occuparsi di nulla fuorché della guerra di trincea contro i nuovi barbari che premono sull’impero. Sotto la spinta dei sovranismi vittoriosi, e di quelli per ora tenuti a bada ma potenzialmente prevalenti, la guerra ai flussi migratori appare come qualcosa ai limiti dell’ossessione, e viene da chiedersi: anche se, per ipotesi, si chiudessero tutti i porti, tutte le frontiere, tutti i punti di accesso; se si sigillasse il Continente; se si respingessero in modo definitivo le orde, davvero avremmo raggiunto un risultato capace di pacificare le opinioni pubbliche e riconciliarle con le loro classi dirigenti?
Il grande crash continentale nasce sui temi dello sviluppo, del lavoro, dell’incremento delle differenze, degli squilibri generati dalla globalizzazione, e – nello specifico caso italiano – dal disgusto per la corruzione, per l’inefficienza burocratica, per il blocco dell’ascensore sociale, dalla perdita di speranza delle nuove generazioni e dal terrore di finire in povertà degli anziani. Con centomila o un milione di immigrati in meno, è difficile immaginare che tutto ciò sparirà dalla percezione collettiva di disagio e insicurezza. E tuttavia, la questione immigrazione sembra aver inghiottito ogni cosa, senza che nessuno – nemmeno la razionale Germania della signora Merkel – possa sottrarsi a questa narrazione.
L’autentica vittoria della nuova ideologia sovranista è tutta qui, nell’aver obbligato anche i Paesi che hanno tenuto il populismo in stand-by – Germania, Francia, ma anche Spagna, Portogallo e gran parte del Nord Europa – ad adottare la questione immigrati come priorità continentale
L’autentica vittoria della nuova ideologia sovranista è tutta qui, nell’aver obbligato anche i Paesi che hanno tenuto il populismo in stand-by – Germania, Francia, ma anche Spagna, Portogallo e gran parte del Nord Europa – ad adottare la questione immigrati come priorità continentale, anzi come dato quasi esclusivo di interesse, derubricando il resto a minuzia. Poi, prima o poi, la realtà – con i suoi problemi, assai più complicati della lotta agli scafisti e delle intese sull’accoglienza – esigerà il suo pedaggio ma al momento questa scadenza sembra ancora lontana.