LavoroQuattro anni di Garanzia Giovani: ecco com’è andata

I giovani Neet che si sono registrati al programma sono 1 milione e 266mila, di cui il 78,6% presi in carico. Di questi, il 55% ha avviato a un intervento di politica attiva. Borgialli (Adecco): «I dati dicono che l’apertura ai privati comporta benefici»

Lo scorso primo maggio Garanzia Giovani ha spento quattro candeline. Il programma europeo che mira ad aiutare i Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano tra i 15 e i 29 anni, a entrare nel mondo del lavoro è arrivato al suo quarto giro di boa. Ed è tempo di bilanci. Secondo gli ultimi dati forniti da Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive, al 31 gennaio 2018 quelli che si sono registrati al programma sono 1 milione e 266mila (al netto delle cancellazioni). Di questi, alla fine, poco più di 232mila oggi hanno un lavoro. Un risultato in chiaroscuro, a guardare i numeri, finanziato con una dote 1,5 miliardi da spendere entro il 2018, più un ulteriore fondo di 1,27 miliardi fino al 2020, che ha dato la possibilità alle regioni meridionali di estendere il programma a tutti i giovani disoccupati non solo Neet.

La presa in carico e il lavoro degli operatori

I giovani registrati al portale di Garanzia Giovani si concentrano nelle regioni del Sud italia (42,5%), mentre sono solo il 15,9% nelle regioni del Nordest. La maggior parte ha un’età compresa tra i 19 e i 24 anni (54,6%) e solo il 10% risulta minorenne. Di quelli registrati, i “presi in carico” – e cioè coloro che sono stati ricontattati da parte dei servizi per l’impiego, pubblici o privati – sono il 78,6 per cento, pari a 995.413.

Una volta presi in carico, oltre la metà (55%) dei giovani è stato avviato a un intervento di politica attiva. Questa percentuale scende al 47,7% nel caso dei giovani con più difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro (profiling alto) e arriva al 67,7% per i giovani con profiling medio-basso. Le misure di politica attiva complessivamente erogate sono state 631.917: il 60% ha svolto un tirocinio extracurriculare, il 22,9% ha usufruito di incentivi occupazionali e il 12,4% di percorsi di formazione.

Nel 78,2% dei casi la presa in carico è avvenuta presso un centro per l’impiego in tutto il territorio nazionale, a eccezione del Nord-Ovest, dove il 78,8% dei giovani viene preso in carico dalle agenzie per il lavoro accreditate.

«Garanzia Giovani ha avuto il risultato importante di portare la discussione sulle politiche a una diffusione più ampia», spiega Alessandro Borgialli, direttore Politiche Attive di Adecco. «Il programma però si è scontrato con una organizzazione del mercato del lavoro che prevede che le politiche attive siano gestite a livello regionale. Il risultato è stata una Garanzia Giovani a spezzatino, diversa da regione a regione, che ha avuto anche riflessi sul nostro lavoro di operatori privati». Alcune Regioni si sono aperte alle agenzie private accreditate, altre hanno preferito affidarsi alla rete pubblica dei centri per l’impiego.

I modelli emersi sono tre. Il primo è il “modello voucher” di Lombardia, Piemonte e Campania, che lascia al giovane la possibilità di scegliere tra il pubblico e il privato per l’erogazione del servizio. E in questo caso è anche la stessa agenzia privata che può andare a intercettare i potenziali fruitori. Il secondo è il “modello a progetto”, adottato ad esempio in Veneto e Puglia, che prevede un progetto formativo in cui l’agenzia privata interviene poi in un secondo momento per favorire l’inserimento lavorativo in base alle vacancy a disposizione. L’ultimo è quello scelto da Regioni come Emilia Romagna, Toscana e Friuli Venezia Giulia che, con modalità diverse, hanno dato priorità ai centri per l’impiego.

Il programma si è scontrato con una organizzazione del mercato del lavoro, che prevede che le politiche attive siano gestite a livello regionale. Il risultato è stata una Garanzia Giovani a spezzatino, diversa da regione a regione


Alessandro Borgialli, direttore Politiche Attive di Adecco

Garanzia Giovani: e poi?

Ma quanti di questi giovani alla fine hanno trovato un lavoro? Anche i risultati, viste le diverse modalità di applicazione, sono diversi da regione a regione. Rispetto a chi ha completato l’intervento di politica attiva, i giovani occupati alla data di rilevazione da parte di Anpal sono 232.560. Il tasso di inserimento occupazionale rilevato a uno, tre e sei mesi dalla conclusione dell’intervento in Garanzia Giovani passa dal 39% (a un mese) al 48,4% (sei mesi). Il primo ingresso nel mercato del lavoro entro il mese successivo alla conclusione del percorso riguarda il 40,8% dei giovani, percentuale che sale al 58% se si guarda a un lasso temporale più lungo (entro sei mesi). Il 40,2% dei giovani risulta occupato con un contratto di apprendistato, il 30,7% con un contratto a tempo indeterminato e il 25,5% con uno a tempo determinato.

Dal punto di vista territoriale, invece, i tassi di occupazione registrano valori più elevati al Nord, in particolare nelle Regioni del Nord-Ovest, rispetto a quelle del Centro, del Sud e delle isole. Con delle eccezioni. «I risultati maggiori a livello occupazionale si registrano in Lombardia, Piemonte e Campania, che hanno aperto agli operatori privati», spiega Borgialli. «E nel caso della Campania viene proprio fuori la supremazia del processo rispetto al mercato del lavoro, che in questa regione è certamente più difficile e complesso delle altre due. È evidente che l’apertura ai privati comporta benefici dal punto di vista dell’inserimento occupazionale».

I risultati nel complesso sono positivi, considerato che stiamo ragionando su un progetto rivolto a una categoria ai margini della vita sociale e produttiva del Paese e che grazie alla Youth Guarantee si sono in qualche modo messi in gioco


Maurizio Del Conte, presidente di Anpal

Il bilancio

Maurizio Del Conte, presidente di Anpal, ammette che per Garanzia Giovani «si può e si deve fare di più». Ma i risultati nel complesso sono positivi, «considerato che stiamo ragionando su un progetto rivolto a una categoria ai margini della vita sociale e produttiva del Paese e che grazie alla Youth Guarantee si sono in qualche modo messi in gioco», spiega al Sole 24 Ore. «Hanno misurato le loro competenze, sono entrati in contatto con strutture quali i centri per l’impiego riacquistando una dimensione sociale, attivandosi e dando la loro dichiarazione di disponibilità».

A guardare nel dettaglio i dati, però, viene fuori la metà dei registrati al programma si è persa per strada. Visto che gli interventi di politiche attive avviate sono la metà del totale degli iscritti. Un dato, questo, che dimostra forse la debolezza della rete regionale di servizi per il lavoro italiani. Motivo per il quale è nata proprio la stessa Anpal, che avrebbe dovuto centralizzare i servizi per l’impiego, salvo poi rimanere azzoppata dopo la bocciatura del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.

Ad oggi, nonostante ci sia stato un calo dei Neet dai 2,41 milioni del 2014 ai 2,19 del 2017, l’Italia resta comunque la peggiore in Europa per numero di giovani non impiegati né nel lavoro né negli studi. Il 24% degli under 30 italiani rientra ancora in questa categoria, contro una media Ue del 13,4%, restando ben lontana dal 5,9% dell’Olanda e dall’8,5% della Germania. Con una maggiore concentrazione nel Mezzogiorno, dove i Neet sono il 34,4% degli under 30, cioè più di uno su tre. «Prendiamo spunto dalle best practice dall’esperienza passata, per far sì che la Garanzia Giovani 2 sia più efficiente», conclude Alessandro Borgialli.

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