Riflessioni e sconfessioni: cosa dicono di Obama i libri consigliati da Obama

Il presidente americano continua, in modo discreto, a dettare una linea. In questo caso pubblicando su Facebook un elenco di letture che avrebbe fatto negli ultimi tempi e consigliandole ai suoi fan. Sono libri interessanti in sé ma anche perché mostrano come sia cambiato il suo pensiero

Cosa fa un presidente degli Stati Uniti quando va in pensione? Se è ricco di famiglia dipinge nel suo ranch. Altrimenti, gira per il mondo e offre conferenze e consulenze, facendosi pagare a peso d’oro. Nel frattempo, tra un volo e una serie su Netflix, trova il tempo per legger qualche libro e consigliarlo ai suoi vecchi elettori – in questo caso si può parlare, senza esagerare, di fan.

Barack Obama è stato, per molti versi, uno dei leader americani più amati tra le fasce più colte della popolazione mondiale. A questo ha contribuito anche la sua passione, mai nascosta per la lettura. Non stupisce allora che voglia condividere con loro le sue ultime scorribande tra i libri, suggerendo anche alcune visioni e priorità politiche.

Prima di tutto, la famiglia. Con Futureface: A Family Mystery, an Epic Quest, and the Secret to Belonging, by Alex Wagner (2018). Una meditazione su ciò che ci rende ciò che siamo e ci unisce come americani.

Segue il lavoro, con The New Geography of Jobs, testo dello studioso Enrico Moretti (2012). Molto noto da tempo (stupisce che Obama non lo avesse già conosciuto), racconta il nuovo paesaggio industrale americano. Per capirsi, le premesse economiche della rabbia della White Trash che ha votato per Donald Trump.

E addirittura, al terzo posto, una sconfessione Why Liberalism Failed, by Patrick J. Deneen (2018). Il liberalismo ha i suoi limiti e dopo otto anni passati a promuoverlo Obama mostra forse un ripensamento? Non è detto. È comunque dimostrazione, da parte sua, di apertura a una riflessione critica sulle proprie convinzioni.

Al quarto, un attacco inaspettato. Stavolta nel mirino c’è la meritocrazia e, insieme, quel 9,9% della cosiddetta aristocrazia “cognitiva”. I cervelloni, gli intellettualoni che promuovendo la meritocrazia di fatto minano la democrazia. The 9.9 Percent Is the New American Aristocracy,” by Matthew Stewart (June 2018)

Ma che dire del proprio passato? Di sicuro, sembra suggerire Obama, non ci si deve rinchiudere nel recupero di tradizioni che oggi sarebbero inaccettabili. Per questo è giusto abbattere e rimuovere le statue dei confederati: gli Stati del Sud, sconfitti dalla Guerra Civile del XIX secolo, dovranno trovare altri miti e altre storie per costruire la propria identità. In the Shadow of Statues: A White Southerner Confronts History, by Mitch Landrieu (2018)

E per finire, immancabile un pensiero per le fake news, le grandi protagoniste del dopo-Obama. Con Truth Decay: An Initial Exploration of the Diminishing Role of Facts and Analysis in American Public Life,” by Jennifer Kavanagh and Michael D. Rich, RAND Corporation (2018) un libretto agile e gratuito che si trova anche online, si affronta il tema dell’abbandono dei fatti al momento della costruzione di una policy o di un discorso pubblico (sembra una novità, ma si fa da sempre: si chiama ideologia). Come è potuto succedere tutto questo? Semplice, ad esempio promettendo di chiudere la prigione di Guantanamo e poi lasciandola come la si è trovata: apertissima.

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