Cultural StereotypeAscesa e caduta di Raul Gardini: storia di un’Italia che voleva tutto (e che ha perso tutto)

A venticinque anni dal misterioso suicidio di Raul Gardini, “Icarus” di Matteo Cavezzali cerca di raccontarne la vicenda umana e industriale andando a cercare i fantasmi di un paese che ha cercato di giocare al tavolo (economico) dei grandi

In questi giorni l’opinione pubblica e il dibattito sui social network si divide sui modi per affrontare la questione Sergio Marchionne e si interroga sull’eredità del manager per il sistema industriale italiano. La vicenda umana dell’ex amministratore delegato di Fiat/FCA si lega a doppia mandata alla storia e all’evoluzione recente del capitalismo di questo paese. Una vicenda fatta di contraddizioni, zone d’ombra, fantasmi delle grandi stagioni di intervento e partecipazione pubblica, salotti buoni intrecciati con salotti un-po’-meno-buoni (vedi alla voce massoneria, vedi alla voce mafia). Una vicenda che ha vissuto anche una stagione di “americanismo”, di iniziativa portata avanti da individui larger than life, in qualche modo riflesso di una politica che entrava a gamba tesa negli ingranaggi di un sistema tradizionale nel tentativo di innescare (o sarebbe meglio dire “inscenare”) un nuovo miracolo italiano in linea con la postmodernità spettacolare degli anni Ottanta. Era la stagione della Milano da Bere e del Partito Socialista, ovviamente. La stagione di Bettino Craxi e di Silvio Berlusconi. La stagione del crollo delle ideologie e della pioggia di denaro grazie a cui tutto diventava possibile. Era una stagione da personaggi spregiudicati, là dove il più spregiudicato di tutti era un signore di Ravenna che la sua ambizione ha reso potentissimo e fatto salire su verso il sole, per poi farlo cadere rovinosamente. Raul Gardini.

Era la stagione della Milano da Bere e del Partito Socialista, ovviamente. La stagione di Bettino Craxi e di Silvio Berlusconi. La stagione del crollo delle ideologie e della pioggia di denaro grazie a cui tutto diventava possibile. Era una stagione da personaggi spregiudicati, là dove il più spregiudicato di tutti era un signore di Ravenna che la sua ambizione ha reso potentissimo e fatto salire su verso il sole, per poi farlo cadere rovinosamente. Raul Gardini

Una delle storie più assurde e incredibili del paese torna in libreria a venticinque anni dalla misteriosa morte del suo protagonista (ufficialmente suicidatosi proprio ieri, il 23 luglio 1993) con Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini (minimum fax), il racconto con cui il giornalista ravvenate Matteo Cavezzali cerca di unire i puntini di quella che lui stesso definisce una vera e propria ossessione. Il libro è una detection auto-narrativa che mischia realtà e finzione, ricordi personali e fatti mai totalmente chiariti, dove il ricordo di un ragazzo che alla morte di Gardini aveva dieci anni si intreccia con le evoluzioni di una città, Ravenna, diventato un vero e proprio “regno”, rispettando la tradizione per cui gli imprenditori italiani non solo operavano nelle città, ma arrivavano a “possederla” (e anche qui si potrebbe aprire una parentesi su Torino, gli Agnelli e Marchionne). In fondo chi era Raul Gardini? Cavezzali non riesce a sbrogliare la matassa, esattamente come il giornalista che cerca di capire chi fosse veramente Charles Foster Kane non riesce a trovare l’essenza della verità alla fine di Quarto potere (film che di questo tipo di racconti, alla fine, rappresenta l’archetipo), ma riesce a costruire un percorso suggestivo in cui non solo racconta lo spaesamento di una generazione, quella dei nati negli anni Ottanta, sospesi tra la fine del mondo vecchio – la Prima Repubblica – e l’emergere prepotente del berlusconismo, ma anche il momento di passaggio in cui l’Italia ha cercato, a modo suo ovviamente, di fare i conti con la modernità, con il livello superiore dell’industrializzazione, con la volontà di giocare al tavolo dei grandi e di sedersi nei salotti internazionali del capitalismo dando del “tu” agli americani senza complessi d’inferiorità.

La morte di Gardini è la morte simbolica di un’utopia di un paese non migliore, non peggiore, semplicemente diverso. Che scommetteva su se stesso così come si scommetteva in borsa in quegli anni: con arroganza, andando sempre all-in, facendosi sempre una quantità di nemici spropositata

Icarus è la storia di un’Italia che ha provato costruire un gioco nuovo, per poi invece piegarsi alle logiche di sempre. Le logiche eterne di un paese costruito sui misteriosi intrecci nei palazzi del potere romano, in cui Gardini ha provato a imporsi a modo suo uscendone massacrato; sulle grandi fusioni favorite dal pubblico – giostrate da uno dei mitologici “grandi vecchi” che tutto vedevano e tutto decidevano, Enrico Cuccia – e che al pubblico dovevano rendere omaggio (la maxitangente Enimont); e sul personaggi affetti da un gigantismo sconsiderato che si è ripiegato su se stesso in un effetto valanga che ci portiamo dietro ancora adesso. La morte di Gardini è la morte simbolica di un’utopia di un paese non migliore, non peggiore, semplicemente diverso. Che scommetteva su se stesso così come si scommetteva in borsa in quegli anni: con arroganza, andando sempre all-in, facendosi sempre una quantità di nemici spropositata. Quando il giocattolo si rompe, di solito, restano solo le macerie e i ricordi di una grandezza che fu. Come la Ravenna post-gardiniana, anche lei sospesa tra un passato che i soldi – il famigerato “indotto” – avevano portato in serie A, e la fine dell’Impero aveva rigettato nel cono d’ombra della Grande Storia. Una storia di macerie e le macerie sono abitate da fantasmi.

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