Vincere la finale di un Mondiale è la fortuna più grande che possa capitare a un politico. Emmanuel Macron lo sa benissimo e per questo ha festeggiato come un forsennato sia in tribuna che in campo, non curandosi della pioggia. Del resto, il messaggio che passa, per un presidente in caduta libera nei sondaggi, è una manna: con me la Francia vince. E si assicura un bel po’ di consenso, anche involontario.
Ma non è l’unico a strumentalizzare la partita. A Parigi, ben lontano dalla pioggia di Mosca, il vecchio François Hollande ne approfitta per lanciare un messaggio molto poco subliminale. “Sono felice, come lo ero nel 1998. E mi piace l’idea che siamo a due, e non solo a una, che si può andare in cima due volte – e non voglio fare altri paragoni – che insomma è possibile vincere due volte”. Chi vuol capire, capisce benissimo. Hollande pensa a una ricandidatura? Vuole riprendersi l’Eliseo? O è solo una sparata?
Del resto l’ex presidente aveva sempre detto che non si era ricandidato perché “non aveva voluto”. Forse sta cambiando idea, forse sogna un giorno in cui sarà lui a fare le scarpe a Macron, restituendogli il favore. Anche perché, dice, “questi momenti in cui tutto il Paese si ritrova, malgrado le diverse sensibilità, a volte anche divisioni, malgrado le disuguaglianze, che sono ancora tutte qui e non sembrano proprio sparire, sono momenti molto rari”.
Insomma, minaccia e critica. E conclude con un attacco all’individualismo: “Lo sport dona queste emozioni perché serve un momento in cui esiste una causa, un obiettivo che unisca tutti. Il calcio lo ha permesso. E le conclusioni sono: più coesione, più unità, più solidarietà e niente individualismo”.
Avrebbe potuto anche dire “e niente Macron”, ed era più o meno la stessa cosa.