Attento Salvini: il Sud non si salva con gli slogan, e se lo ignori te la faranno pagare

Disoccupazione in doppia cifra, più della metà dei giovani che non lavorano, laureati che scappano. Il Sud è allo stremo: se il nuovo governo non andrà oltre gli slogan («la mafia è un cancro»), il Mezzogiorno rischia di scoppiare

Alberto PIZZOLI / AFP

Ai sospetti sollevati da l’Espresso sui presunti legami con la ‘ndrangheta di esponenti leghisti calabresi, a Roberto Saviano che lo ha accusato di essere il ministro della malavita, Matteo Salvini risponde fisicamente. Va in Calabria e proclama guerra senza quartiere alla criminalità organizzata, “perché la ‘ndrangheta è una merda, un cancro, che si è allargato a tutta l’Italia”. E mentre si fa fotografare davanti all’immobile confiscato alla cosca Gallico, dove nascerà un nuovo commissariato di polizia, in posa gladiatoria giura di voler “portar via anche le mutande a questa gente”.

I tempi del dileggio verso i meridionali fannulloni, del Sud “cosa loro”, sono lontani. La Lega sovranista parla un’altra lingua: “Non è giusto identificare Calabria e n’drangheta. Se c’e’ lavoro la mafia perde, se non c’è la mafia campa”. Promessa: “in Calabria ci tornerò, ci tornerò fino a quando non avremo raggiunto risultati concreti”. Promessa impegnativa. E già sentita.
Qualcuno ricorda governi esordienti che non abbiano posto il rilancio del Mezzogiorno come priorità assoluta? Che non abbiano intonato il mantra “non c’è sviluppo italiano senza sviluppo del Mezzogiorno”?

Il rilancio del Sud è l’impegno rituale sempre tradito, sempre dimenticato

Il rilancio del Sud è l’impegno rituale sempre tradito, sempre dimenticato. Il fatto che non ci sia crepuscolo di legislatura, e tramonto di governo che come canto del cigno non rilanci l’ideona del ponte sullo stretto di Messina è abbastanza significativo. L’ultimo per dire è stato Angelino Alfano: “Noi consideriamo il ponte sullo Stretto un’opera strategica per la Sicilia, la Calabria, l’Italia e l’Europa – proclamava l’ex ministro – Renzi è stato sempre a favore del ponte, se rimarrà lui il segretario del Pd penso avrà sempre la stessa posizione”.
Se Renzi non è più segretario del Pd e Angelino Alfano oggi, dopo una vita da ministro, fa il consulente di uno studio legale, è anche perché il Mezzogiorno – dopo essersi sentito raccontare che era in corso un rinascimento meridionale grazie al bonus Sud e agli sgravi – è stato la tomba dei loro partiti. Praticamente cancellati.

​Un modo per richiamare al principio di realtà i cantori dell’ottimismo e del Meridione in ripresa. Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno sfiora il 20% ed è tre volte quello del Nord, il doppio di quello del centro Italia. In Sicilia, in Calabria e in Sardegna la disoccupazione giovanile arriva al 60 per cento e il rischio al Sud di precipitare nell’indigenza è triplo rispetto al resto d’Italia, mentre l’aspettativa di vita è la peggiore d’Europa. Il sud è una realtà da cui fuggire: negli ultimi quindici anni dal Meridione sono emigrate più di 500mila persone di cui 200mila laureate.

Nel contratto del governo gialloverde la questione meridionale è risolta in otto righe con il proclamato obiettivo di “colmare il gap tra Nord e Sud” perché il Meridione non avrebbe bisogno di politiche speciali. Ma se l’esecutivo pentaleghista non ha un progetto per il Sud farebbe bene a metterci la testa. Il paesaggio con macerie del Meridione fa presto a trasformarsi da nuova piattaforma del consenso (dato per disperazione) ad arena del più feroce dissenso e della, stavolta definitiva, rivolta antisistema.

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