Un’ora di volo che cancella vent’anni di storia. Anzi, di guerra. Il primo tragitto dell’Ethiopian Airlines diretto ad Asmara, dopo la pace siglata tra Etiopia e Eritrea lo scorso nove luglio è storico. Lungo il corridoio vengono distribuiti rose e champagne. I passeggeri cantano e ballano. E quando arrivano, scoppiano a piangere perché, dopo una separazione lunghissima, possono riabbracciare i loro parenti.
È la fine della “non guerra” combattuta tra i due Paesi, al termine di un lungo processo cominciato con la secessione dell’Eritrea nel 1993, seguito da una guerra violenta (circa 80mila morti) per alcune questioni di confine e segnato da una decisione delle Nazioni Unite secondo cui l’Etiopia avrebbe dovuto restituire all’Eritrea la città di Badme, cosa che non ha mai fatto (e ancora adesso non è chiaro se farà). Ma adesso i due Paesi sono in pace, almeno in via ufficiale: i rapporti si possono distendere, gli aerei tornano a volare e gli antichi profughi rivedono i loro parenti.
Sul primo volo diretto ad Asmara c’era anche l’ex presidente Hailemariam Desalegn, molto emozionato. “È un momento d’oro per i due Paesi e per i due popoli”, ha detto alla Bbc.
Di sicuro l’accordo, che arriva a chiudere anni di conflitto e rapporti difficili tra due Stati, sarà di beneficio per tutti.
L’unico forse che ne soffrirà è il povero Donald Trump: questa nuova riappacificazione richia di oscurare il suo incontro (storico) di qualche settimana fa con Kim Jong-un e, cosa ancora peggiore, soffiargli l’assegnazione del Nobel della Pace. Ci resterebbe molto male.