Alidé Sans è una musicista di 25 anni nata in Catalogna, ma la lingua delle sue canzoni non è né lo spagnolo né il catalano. È l’aranese, un dialetto del guascone pirenaico, a sua volta una variante della lingua occitana (ancora viva in alcune zone dell’Italia, della Francia e di Monaco).
Parlato nella Valle d’Aran, una delle poche e piccolissime aree geografiche in cui è protetto in via ufficiale, dopo una lunga fase di decadenza, questo linguaggio ha conosciuto una nuova vitalità. Viene insegnato e studiato, trasmesso dai vecchi ai giovani e custodito con grande cura. Addirittura, è finito sulla segnaletica stradale. Il tutto è merito di un certo orgoglio territoriale e, senza dubbio, delle politiche di protezione messe in piedi dal governo catalano fin dal 1979 (anno dello Statuto dell’Autonomia).
Dal 1993 insomma, i ragazzini della Valle d’Aran a scuola hanno lezione in Aranese, in spagnolo, catalano, francese e inglese. E poi c’è la musica. Come spiega la stessa Sans, “all’inizio le mie canzoni erano tutte in spagnolo. Ma sentivo che il mio vero idioma, l’occitano, era in pericolo. E allora ho cominciato a scrivere e cantare canzoni in quella lingua”.
E i risultati sono questi:
Del resto l’occitano, che nel medioevo conobbe secoli di lustro e splendore, è duro a morire. Ci hanno provato con la crociata contro gli albigesi, nel XIII secolo, con cui fu sradicato, insieme all’eresia, anche il provenzale (una variante, quella francese, dell’occitano). Poi, secoli dopo, con il confinamento delle comunità occitanofone, ritenuto necessario durante il periodo di costruzione degli stati-nazione come Francia e Spagna. Infine, con l’omologazione della modernità e la pressione dell’inglese (un problema avvertito perfino dal catalano). Ma è ancora qui. E canta canzone, come ha sempre fatto nella sua storia.