Visto che si considerano gli inventori del calcio, i notisti inglesi (in questo caso lui) pensano anche di poter dire cosa non va nel Mondiale e come cambiarlo. In questo caso, i rigori al termine della partita. Nonostante sia proprio dagli undici metri che l’Inghilterra è riuscita a battere la Colombia, il problema rimane: possibile che una soluzione così rozza, si chiede il columnist del Guardian, possa ancora decidere il risultato di partite importanti?
È possibile. I calci di rigore (in inglese shoot-out) rappresentano al tempo stesso un rimedio efficace (ne scaturisce ogni volta un vincitore) e spettacolare (il pubblico è elettrizzato e attentissimo). Hanno il difetto di essere imprevedibili (le squadre più deboli possono spuntarla) e, soprattutto, affidate alle abilità dei singoli, mentre il calcio sarebbe un gioco di squadra. È giusto – si chiedono alcuni – che la capacità di concentrazione e i nervi saldi di un singolo giocatore possano decidere le sorti di una partita giocata da una squadra? Come si vede, sono questioni di lana caprina, ma il dibattito è ancora vivo.
Del resto il ricorso ai calci di rigore è piuttosto recente. L’idea appartiene a Yosef Dagan, giornalista israeliano che, dopo aver visto nel 1968 la sua squadra perdere a testa o croce contro la Bulgaria ha immaginato un metodo meno aleatorio per decretare un vincitore. Nel giro di due anni la sua proposta ha superato lo scetticismo iniziale fino a imporsi nei Mondiali di Calcio e essere applicato la prima volta nel 1982. Sono passati 36 anni. Che dite: è tempo di cambiare?
Secondo il giornalista del Guardian si dovrebbe. Una possibilità sarebbe di levare qualche giocatore durante i tempi supplementari, magari proprio i portieri. Oppure – come avveniva nella notte dei tempi – allargare le porte. In entrambi i casi si avranno più gol e risultati meno bloccati.
Idee piuttosto balzane, si potrebbe pensare. Forme di innovazione sono state tentate già in passato, come il golden gol o il silver gol, ma entrambe sono state ritirate. I rigori no, e dei motivi ci saranno. Per esempio, consentono alle squadre meno forti di sognare la vittoria – non del tutto immeritata, poi, se nei minuti regolamentari sono riusciti a guadagnarsi il pareggio. E in più regalano al mondo intero (cioè tiratore, portiere e tifoso) l’emozione e lo sgomento di vedere all’opera quelle forze sovraumane che gli antichi chiamavano sorte o destino. O, se ci credono, anche dio.