L’incontro a Helsinki tra il presidente americano Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin si è rivelato – dicono i commentatori americani – “un disastro”, una “vergogna”, una “resa di Trump nei confronti del presidente russo”. Chi non lo avesse capito dalle semplici parole di Trump, che ha detto di fidarsi di più di un leader straniero che gli dà ragione rispetto a servizi di intelligence del suo Paese che da due anni cercano di arrestarlo e hanno già inquisito vari suoi amici e collaboratori (oh, che strano, oh che tradimento), potrà capirlo da raffinate analisi del linguaggio del corpo. Quello che, si dice, non mente mai.
E allora ecco pronta questa disamina, in cui una certa Patti Wood, esperta di body language, spiega cosa è successo tra i due leader.
Prima di tutto, il terribile occhiolino. Cosa succede? Donald Trump si trova seduto nella sua classica “posizione alfa”, spiega l’esperta. Ma qualcosa di strano c’è, visto che “si è aggiustato la giacca, cosa che non gli ho mai visto fare”. Che sia agitato di fronte a Putin? Certo: “È un segno di ansia, traduce in estetica un’inquietuine interiore”. E poi lancia l’occhiolino, che l’esperta traduce con “Ci siamo, abbiamo un segreto e loro non lo sanno”. Ma dopo aver lanciato il sasso nasconde la mano: “Non ci farei un editoriale sopra, però”. E ci mancherebbe, anche perché un occhiolino, specie in America, vuol dire solo un occhiolino.
Ma l’analisi prosegue e arriva fino al momento in cui Putin consegna a Trump un pallone, un modo simbolico per passare la palla all’organizzatore dei Mondiali di calcio del 2026, cioè gli Usa (più Messico e Canada). Ecco, qui è interessante, dice l’esperta “perché quando entra in gioco un pallone c’è sempre di mezzo un lancio”. E invece “Putin, con molta gentilezza, è sceso dal podio, ha preso la palla e l’ha consegnata a Trump”. Un gesto mite, quasi un ramoscello d’ulivo. E Trump come l’ha presa? “Molto male”.
“Ha approfittato per la photo opportunity, ma non era contento. Lo si capisce dall’espressione facciale e dal modo, piuttosto imbarazzato, con cui la maneggiava. La palla non gli importava tanto e lo ribadisce anche a voce, spiegando che l’avrebbe data al figlio Barron. E poi c’è sempre il problema Melania”. Eh sì, la crisi coniugale prosegue: “Quando lancia la palla non si rivela un buon tiratore. Non c’è intesa con la moglie, che mostra di non aspettarsi il tiro – e non la prende”. Insomma, tutto questo teatrino un po’ sciocco ci fa capire che Trump “non è un grande amante del calcio”. Ma va.