Gli enti locali italiani sono sempre più alla canna del gas. Gli ultimi dati Istat sui bilanci di comuni, province e aree metropolitane certificano un calo delle entrate, ma anche delle spese e degli investimenti. Con ricadute inevitabili sui servizi offerti. Ma con differenze notevoli nella gestione della spesa, con comuni come quelli valdostani che spendono per i cittadini quasi tre volte rispetto a quelli pugliesi. E quelli siciliani che investono quasi un terzo dei bilanci per pagare i dipendenti.
In totale nel 2016 i comuni italiani, tra servizi e assistenza ai cittadini, hanno speso 54,2 milioni di euro, pari a 895 euro pro capite, coperti con 61,3 milioni di entrate correnti. Che equivalgono a 1.013 euro per abitante. A conti fatti, quindi, le amministrazioni spendono meno di quanto incassano tra tasse dei cittadini e trasferimenti. Le riscossioni ammontano a 75.776 milioni, ma sono in calo del 3,4% rispetto al 2015.
Confrontate con l’anno precedente, però, le entrate complessive nelle casse comunali sono diminuite di oltre il 6%, con una conseguente riduzione del 5,6 per cento delle spese. Con delle differenze notevoli nella gestione dei denari. Nei comuni della Valle d’Aosta si registra la spesa pro capite più elevata, pari a 1.927, che è quasi il triplo di quella pugliese – la più bassa – pari a 694 euro pro capite. A spendere di più per impiegati, funzionari e collaboratori sono i comuni siciliani (33%); il minimo si raggiunge invece nel Lazio (22,2%). E se i comuni del Molise sono quelli che dipendono di più dai trasferimenti che arrivano dallo Stato, sono quelli friulani a fare più affidamento agli enti locali, regione in primis.
Non sono messe meglio province e città metropolitane, rimaste incastrate nella riforma a metà che porta il nome dell’ex ministro Graziano Delrio. Nel 2016 le entrate per questi enti continuano a calare di quasi il 4%, mentre le spese sono scese dell’1,6 per cento.
La regione in cui le province dipendono di più ancora dai trasferimenti dello Stato centrale è la Calabria. In Friuli Venezia Giulia, invece, province e città metropolitano ricevono il 68% delle entrate dalla Regione a statuto speciale, grazie all’effetto “delle norme che enfatizzano l’autonomia finanziaria” dell’ente, spiegano dall’Istat.
Ma a spendere di più è una regione meridionale, la Basilicata, con 270 euro pro capite. Mentre la Sicilia, al primo posto per le spese dei dipendenti comunali e famosa invece per le sue cospicue spese regionali, ha la spesa provinciale pro capite più bassa (97 euro). Ma nell’isola è in corso una battaglia per far rinascere le vecchie province, con la Corte costituzionale che ha appena bocciato l’elezione diretta. E c’è da scommettere che anche per questa voce i costi siciliani lieviteranno a breve.