Chi pensava che con il tempo Matteo Renzi si arrendesse e si preparasse a fare un (vero) passo indietro, ha sbagliato a capire. L’ex segretario del Pd è più combattivo che mai e non ha alcuna intenzione di «consegnare il partito a chi lo vuole riportare indietro di dieci anni». L’ha ribadito, giovedì sera, con una prova muscolare: una cena in un villone sull’Aventino (scelta tutt’altro che casuale) a Roma, dove ha riunito i “suoi” parlamentari per lanciare un messaggio a tutto il Pd: «Noi non adiamo da nessuna parte», avrebbe detto l’ex segretario in riferimento alla possibilità di una scissione. «Dobbiamo vincere il congresso perché dobbiamo riportare le nostre idee al centro dell’agenda politica. È l’unico modo perché il Pd torni ad essere competitivo, l’alternativa è la sua scomparsa».
Nonostante nell’area renziana i distinguo non manchino, il leader ha dettato la linea, sgombrando il campo da possibili fughe in avanti di chi, ancora, sostiene che l’esperienza del Pd è ormai al capolinea e continua a guardare non tanto a Macron (che nel frattempo è in caduta libera di consensi anche in patria) ma a una forza dalla spiccata impostazione liberale in materia di diritti ma decisamente liberista dal punto di vista della dottrina economica di riferimento.
Alla cena erano presenti circa 120 parlamentari (gli stessi che qualche settimana fa sottoscrissero la famosa lettera di Lorenzo Guerini che impegnava il Pd a mettere da parte qualsiasi idea di apertura ai Cinque Stelle), alcuni eurodeputati, consiglieri regionali e amministratori locali. Un modo per far vedere, a chi considera la corrente renziana ormai minoritaria nel partito, che in realtà i numeri parlano ancora chiaro. «Siamo la maggioranza di questo partito – ha detto Renzi – non riusciranno a ridurci in minoranza. Non facciamoci intimorire». D’altronde la composizione dei gruppi parlamentari rappresenta perfettamente le (contestatissime) scelte che lo stessi Renzi fece al momento della composizione delle liste elettorali.
«Sono carico, pronto a battermi per non regalare il partito a chi vuole fare l’accordo con i Cinque Stelle», ha avvertito Renzi, esaltando i suoi commensali. Ma ai tanti che ancora sperano in un suo impegno in prima persona, per ora ha risposto un secco “no”. Almeno per il momento, l’ex premier non pensa ad una sua candidatura
È così che l’ex segretario e i suoi fedelissimi si stanno preparando alla “madre di tutte le battaglie”, il prossimo congresso del Pd, per cui non c’è ancora una data, ma che si svolgerà prima delle elezioni europee. «Sono carico, pronto a battermi per non regalare il partito a chi vuole fare l’accordo con i Cinque Stelle», ha avvertito Renzi, esaltando i suoi commensali. Ma ai tanti che ancora sperano in un suo impegno in prima persona, per ora ha risposto un secco “no”. Almeno per il momento, l’ex premier non pensa ad una sua candidatura. Ma invita a non farsi condizionare da questo, parlando apertamente di «un nostro candidato, donna o uomo che sia, che, se vogliamo e ci impegniamo, vincerà il congresso».
Per la prima volta in tutti questi anni, la corrente renziana è pronta a darsi un’organizzazione strutturale, che vada al di là del Giglio Magico di stretta osservanza, con i colonnelli Luca Lotti e Maria Elena Boschi a fare il bello e il cattivo tempo. «Dobbiamo farci trovare pronti – ha detto Renzi – perché questo governo non durerà ancora molto». L’appuntamento principe del caldo autunno renziano sarà la Leopolda fiorentina, che si svolgerà dal 19 al 21 ottobre. Sarà una sorta di raduno per rivendicare l’orgoglio renziano, un vero e proprio appuntamento di corrente, un bunker ben diverso da quell’evento di apertura alle energie del Paese che era nelle sue prime edizioni. Ed è proprio su questo concetto che si concentrano le critiche degli avversari interni. Quando Nicola Zingaretti scrive su Facebook che il Pd deve cambiare radicalmente la sua organizzazione e abbandonare una volta per tutte la balcanizzazione delle correnti, sembra il primo Renzi (come gli fanno notare i suoi fan) ma in realtà si rivolge principalmente proprio a Renzi.
Spiega un parlamentare del Pd, una volta parte integrante della maggioranza: «Matteo è ormai prigioniero di se stesso e i suoi fedelissimi restano aggrappati perché sanno che senza di lui non esistono. Vivono in una bolla che però sta esplodere. Hanno tutti contro e non hanno alcuna volontà di ricucire alcun rapporto: le forze di governo, le forze della società che si stanno mobilitando contro l’asse giallo-verde, le pur elettoralmente misere forze di sinistra-sinistra. Gli unici con cui mantengono aperti i canali sono i berlusconiani, con l’assurda ambizione di creare un fronte dei moderati. Dentro il partito si fanno forti con i numeri dei gruppi parlamentari ma non si accorgono che ormai l’aria è cambiata, come dimostrano i profili delle uniche facce vincenti del Pd in giro per l’Italia. Possono pure pensare di rivincere il congresso ma ormai la presa che hanno nella società tende all’irrilevanza». Sarà un lungo, lunghissimo autunno in casa dem.